Scarcerazioni facili, il dossier di Conti al ministro Bonafede
Succede all’ingresso, tra una stretta di mano e l’altra. Il sindaco Conti piazza l’affondo, approfittando della guardia lasciata scoperta: mentre lo tiene là, inchiodato dal protocollo istituzionale da dietro arriva il fascicolo. Dentro una corposa rassegna stampa di tutti i casi di malagiustizia, o meglio, di casi mai arrivati a processo perché subito scarcerati. Dall’altra parte dello spigoloso plico c’è però il ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Ecco allora che quel cahier de doléances assume subito altro peso e significato: il sindaco leghista che richiama all’ordine il ministro pentastellato alleato di governo, sul tema della sicurezza e nel giorno in cui la base grillina vota on line su Salvini. Ce n’è abbastanza per rischiare un caso ma Bonafede sorride, incassa, ringrazia e varca la soglia della scuola superiore Sant’Anna dove è stato chiamato a spiegare il perché e il percome di quella riforma della giustizia che porta il suo nome. Il Guardasigilli poi si riprende e, con misurata verve politica, dal pulpito cita proprio il sindaco portando ad esempio quel papello come prova che la giustizia andava riformata. Ma cosa contengono quelle pagine che ora finiranno sulla scrivania romana in via Arenula: «È il resoconto di quello che è successo in città negli ultimi due mesi — spiega il sindaco Conti — circa 30 casi che vanno dai più eclatanti come i 23 spacciatori arrestati alla stazione e subito rilasciati a quello del ladro sorpreso nella bancarelle del duomo e rimesso in libertà. Questi episodi generano frustrazione nelle forze dell’ordine e imbarazzo nei cittadini che così non denunciano nemmeno. Ma soprattutto la mancanza della certezza della pena è l’ostacolo più grande che noi sindaci troviamo nel nostro governo». Il ministro ascolta, in platea il pantheon pentastellato applaude (spicca il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin), ma il pensiero vola spesso alle vicende romane, su quel voto che tiene col fiato sospeso il Governo: «Ho votato — risponde — ma non dico come fino alla fine delle consultazioni» anche se il suo richiamare le tradizioni del Movimento qualcosa fanno intuire: «Non è un voto sul Governo ma per noi la democrazia diretta è fondamentale».