Il team della Firenze digitale
Incontro con gli ideatori del primo «Bright Festival» che unisce formazione e divertimento «Dalla realtà virtuale al design fino alla musica, mostreremo le tendenze di settori in crescita»
«Perché il nostro team funziona?», si chiedono i ragazzi del Bright Festival guardandosi negli occhi seduti sul rooftop panoramico con piscina dello Student Hotel. Jany Martelli ci pensa un attimo e risponde: «Perché nessuno saprebbe fare il lavoro degli altri». Infatti, a ben guardare, questi cinque vivaci trentenni che da giovedì a sabato tra Student Hotel e Stazione Leopolda apriranno centinaia di menti a stimoli e suggestioni futuristiche in diversi campi delle arti digitali, in comune hanno l’intraprendenza, lo spirito imprenditoriale, la curiosità intellettuale, la voglia di mettersi in gioco, e «il fatto che andiamo molto all’estero e giriamo tanti festival sia di musica che di tecnologia». Ma poco altro. Per il resto: «Visto quanto siamo diversi?» prosegue Jany, la maga del computer del quintetto di creativi che ha ideato il Bright Festival.
Alla guida artistica del festival che propone una larga varietà di installazioni, musica, workshop e lecture su tanti campi dell’innovazione tecnologica, c’è Claudio Caciolli, consulente di web marketing fiorentino di 29 anni che da 7 organizza serate di musica elettronica insieme all’amico Gian Paolo Dei, spezino di 35 anni, che lo fa di mestiere. La loro organizzazione «Butterfly Effect» si è fatta notare negli anni per performance di intrattenimento notturno molto frequentate. Alle loro serate andavano spesso anche Jany, 33 anni, metà francese e metà fiorentina, programmatrice, progettista web da un decennio e insegnante allo Ied. E Teresa Balestrieri, anche lei 33 anni: formata nel campo della moda e progettista di eventi, con una passione per la tecnologia e le esperienze visual immersive, di realtà virtuale e aumentata. Prima amiche, poi colleghe. Manca solo il quinto: Luciano D’Agostini, trentaquattrenne ingegnere prestato al mondo dello spettacolo, animatore di numerosi locali a Firenze. Che è un po’ il Mr. Wolf del gruppo, quello che in Pulp Fiction si presentava così: «Risolvo problemi».
Tre anni fa hanno deciso di ampliare il progetto portandolo dal mondo della «sera» a quello del «giorno», quindi da un’evoluzione di «Butterfly Effect» è nato l’embrione di ciò che oggi è il Bright Festival. Piccolo, inizialmente: alcuni eventi alla Limonaia di Villa Strozzi, allo Stibbert con un progetto di videomapping sui bassorilievi del museo, la creazione di light-painting sulle fotografie dei partecipanti al Teatro Puccini per la creazione di un album fotografico «psichedelico», alla Leopolda con le stampanti 3D. Poi, nel 2018, vincono il bando della Camera di Commercio di Firenze per la creazione di grandi eventi, si sobanche
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Le novità più interessanti le abbiamo prese dal Nord Europa Molte aziende ci hanno scritto per accreditare i loro manager
barcano 8 mesi di lavoro nel quale realizzano un progetto per cui, dicono, «ce ne sarebbero voluti il doppio». Questo bando aveva qualcosa di profondamente diverso rispetto a tutti quelli a cui si erano avvicinati in passato: «Si apriva al nuovo, non era pensato in senso tradizionale ma voleva sperimentare». Il nuovo, nel loro campo, si trova nel Nord Europa. Jany racconta come a Helsinki abbia appreso alcune delle novità più interessanti che il Bright festival ha sviluppato. Nord-europeo è anche il modello di organizzazione che si sono dati: orizzontale, che fonda lavoro e divertimento. «In America lo chiamano edu-tainment — dice Teresa — divertimento e formazione insieme».
Si sono chiesti: quali sono i settori che hanno tendenze di crescita? Come possiamo renderli complementari? E li hanno individuati: architetture di luce, design, installazioni artistiche hi-tech, produzione musicale, realtà virtuale, quella aumentata, processi creativi. E non hanno fatto altro che metterli insieme. Portando in tre giorni di conferenze, workshop e momenti di aggregazione ludica, esperti internazionali a parlare, insegnare e mostrare dove siamo arrivati oggi in ognuno di questi campi. Come Craig Caton-Largent della New York Film Academy, animatore 3D per oltre cento film tra cui Jurassic Park, Batman – il ritorno, Ghostbusters, Apollo 13 e Terminator 2. O Luciano Tovoli, direttore della fotografia di Suspiria di Dario Argento e tanti altri film a cui è affidata una masterclass dedicata al «lighting design».
«Ci hanno scritto molte aziende — interviene Claudio Caciolli — per accreditare presso il festival i loro manager da formare: dal settore della moda, della pubblicità, dell’intrattenimento». Per partecipare ad alcuni workshop bastano 10 euro, per quelli più professio alizzanti 85. In questo senso è più di un festival. «La parte dedicata al divertimento comprende sì e no il 20 per cento del pacchetto completo». Ovvero le due serate: «La prima più techno — è il campo di Gian Paolo Dei — e la seconda dedicata ai live sperimentali». Perché «la musica elettronica non è solo un divertimento ma anche un’industria milionaria con un giro d’affari tra i più grandi in Europa e anche in Italia — prosegue Claudio — Da noi si impara come si produce, come si compone, come si trasforma in una professione, come camparci». L’importante era smarcarsi dagli altri eventi di questo tipo. Dalle fiere. «Al contrario di quanto avviene a una fiera, qui mettiamo in mostra anche l’effetto che una certa innovazione produce. E lo facciamo in forma di festival. Se durante il giorno si racconta in un workshop come avviene la progettazione di un determinato apparecchio per la produzione musicale, la sera facciamo suonare quello di cui abbiamo parlato durante la lezione». Questo è il senso del Bright: «Un festival che si pone il problema di formare il pubblico dei festival del futuro» e che ha ben chiaro un principio: «Per far sì che certe attività tipiche della notte vengano prese sul serio, occorreva portarle alla luce del giorno».