Anfiteatri e passerelle L’Arno di Rogers trentasei anni dopo
Le carte originali del progetto rilanciato dal sindaco: rendere pedonabili le sponde da Varlungo all’Indiano
Non solo due percorsi pedociclabili dal Varlungo all’Indiano. Nel progetto per far rivivere l’Arno ai fiorentini di Richard Rogers dell’83, rilanciato dal sindaco Dario Nardella, ci sono piattaforme galleggianti, gradoni sulle sponde, giochi d’acqua e fontane, passerelle sull’Arno. Ed un anfiteatro.
«L’Arno è una stanza senza tetto, dove è impossibile entrare, che si trova nel mezzo della città, ma nella quale non ci si può incontrare». Per capire quale potrebbe essere il futuro del nostro fiume, forse bisogna ripartire proprio dal motivo che ha generato il progetto che il sindaco Dario Nardella vuole recuperare dal passato per farlo tornare vivibile, percorribile, utilizzabile. A parlare di quell’Arno inaccessibile era Richard Rogers, l’architetto a cui la giunta del tempo affidò il progetto assieme al collega Claudio Cantella. Sindaco era il comunista Elio Gabbuggiani, l’assessore che promosse l’idea il socialista Ottaviano Colzi.
Erano passati diciassette anni dall’alluvione, restava la vera frattura tra la città e l’Arno, prima molto più praticato e vissuto. Dopo l’alluvione del ‘66, tra la tragedia, l’inquinamento ed i danni, il fiume divenne off-limits. Per recuperare questo gap, per abbattere questo muro, l’idea di Rogers e Cantella era proprio quella di abbattere qualche muro, o meglio qualche spalletta.
Dai solo 4 passaggi verso le rive di allora, che consentivano di arrivare ad alcuni luoghi praticabili lungo il fiume, volevano passare a sette. Ma soprattutto, attrezzare tutte le discese facendole diventare aree attrezzate, con interventi a volte strutturali e fissi, molte altre volte removibili. Nello studio rimasto da allora in poi nei cassetti di Palazzo Vecchio e rilanciato da Nardella nel forum di sabato scorso con il Corriere Fiorentino, si vede come il fulcro del progetto, che faceva nascere un percorso ciclo-pedonale dall’Indiano a Varlungo sui entrambe le sponde (tranne sotto Ponte Vecchio), fosse quello tra la pescaia di San Niccolò e il ponte da Verrazzano.
È in questo tratto che si è concentrata la verve creativa dei due architetti. Qui doveva nascere una delle due passerelle removibili tra le due sponde (l’altra sarebbe a Santa Rosa). Sul lato di San Niccolò, sotto le rampe del Poggi, si usava la zona delle vecchie macchine dell’acqua per creare una vera e propria nuova piazza. Da qui, scendendo, si sarebbero potute noleggiare anche le barche.
È però passando a piedi o in bici sulla passerella removibile, dall’altro lato dell’Arno, che si sarebbe arrivati ad una sorta di «cittadella sul fiume». Arrivati sull’altra sponda, ecco una gradinata circolare (ottima per un concerto suonato da una barca o un pontile). Poi, giardini ed un altro molo di barche. Il giardino, già presente, sarebbe diventato uno spazio per attività culturali, con davanti una piattaforma sul fiume. Ancora: superato il ponte San Niccolò, con un percorso sotto ai piloni, si sarebbe giunti ad un nuovo parco con un anfiteatro che doveva «sfondare», in parte, sul fiume, con davanti fontane e giochi d’acqua, fontane. Il leitmotiv di tutto il progetto prevedeva gradoni, sotto alle spallette (in qualche caso, con cavità nei muri) su cui poggiare ombrelloni e vele (per il caldo estivo). Tutto rimovibile, ovviamente, perché quando l’Arno diventa il torrente che è si riempie ed è potente: ma Rogers e Cantella avevano anche calcolato i giorni medi «praticabili» sotto la quota prevista delle gradinate: oltre 300, di media, allora. «Almeno otto mesi l’anno», ricordava in un articolo dell’epoca l’ingegner Enrico Bougluex, collaboratore del progetto. Non una parola sui costi, però. Oggi, per realizzarlo, Nardella conta di accedere ai fondi europei.
Sul fiume
Percorsi pedonali rimovibili sulle pescaie, piattaforme sull’acqua e un molo per le barche