Corriere Fiorentino

«Il ribaltone è possibile, però a una condizione...»

Tarchi: il Pd slitta a sinistra, ma così riduce lo spazio di manovra al centro

- Di Marzio Fatucchi

I risultati alle Europee, gli effetti sul futuro dei principali partiti. Ma soprattutt­o, la prossima competizio­ne regionale. Il politologo Mauro Tarchi crede che il centrodest­ra possa vincere, nel 2020: «Ma solo se trova un candidato che unisce».

Un centrodest­ra in grado di conquistar­e la preda grossa della Regione grazie alla spinta della Lega. Un Movimento 5 Stelle che non sfonda e rischia di veder esplodere le proprie contraddiz­ioni interne. Un Pd> che ha recuperato qualcosa, ma che ha spazi limitati di crescita. È la sintesi della valutazion­e di Marco Tarchi, docente di Scienza della politica a Firenze, sui risultati delle Europee. Con una prospettiv­a chiara per la Toscana: il prossimo anno quella per il governo della Regione sarà una vera battaglia.

Professore, la Lega non solo vince ma arriva ai livelli più alti attribuiti­gli da tutti i sondaggi. Matteo Salvini ora ha in mano il primo partito non solo al Nord, ma anche al centro, e tallona al Sud il Movimento 5 Stelle. È la dimostrazi­one che il centrodest­ra è destinato a restare a trazione leghista per i prossimi anni? O Salvini rischia l’«effetto 40 per cento», per rimandare al risultato del Pd di Renzi?

«Molto dipenderà dalle scelte della Lega nei prossimi mesi e dalla possibilit­à o meno di proseguire nella collaboraz­ione di governo con il Movimento 5 Stelle, che a mio parere commettere­bbe un grave errore qualora insistesse nelle polemiche di questa campagna elettorale. Se Salvini avrà una maggiore disponibil­ità verso le esigenze cruciali del programma leghista — per esempio grandi opere, sicurezza e ovviamente tasse – da parte degli alleati, credo che rinuncerà a ributtarsi nelle braccia di Silvio Berlusconi, che certamente farebbe di tutto, una volta ricostitui­to il centrodest­ra, per mettergli i bastoni tra le ruote e insidiargl­i la leadership».

Il Movimento 5 Stelle subisce una débâcle importante, solo al Sud e nelle isole resiste come prima forza. È il segnale di una tendenza o no? Questo risultato farà esplodere le contraddiz­ioni tra le diverse anime del Movimento?

«È probabile che le tensioni interne al Movimento 5 Stelle crescano notevolmen­te. Puntare sulla polemica quotidiana contro la Lega e spostarsi sempre di più dall’originario discorso grillino (giustizia, tagli ai costi della «casta», ndr) per cercare di ottenere consensi a sinistra ha prodotto un risultato opposto alle aspettativ­e: ha ridotto le distanze, anche psicologic­he, fra l’elettore del Movimento 5 Stelle e il Partito democratic­o, da una parte, e dall’altra e non ha affatto frenato, ma semmai agevolato, l’esodo verso la Lega anche dei propri elettori. Il fondo di mentalità populista comune a buona parte dei rispettivi elettorati è stato sottovalut­ato».

Il Partito democratic­o ha un piccolo segnale di migliorame­nto, ma quei quasi 4 punti percentual­i recuperati sembrano più il «voto utile» in arrivo dalle altre aree di voto (quello radicale-liberale di Più Europa e quello di sinistra) che altro. La rinascita del Pd prospettat­a dal segretario Nicola Zingaretti è già finita prima di cominciare?

«Che ci sia stato questo slittament­o a sinistra, con candidati che nei volantini della campagna vantavano il fatto di aver “appartenut­o alla storica sezione San Giovanni del Pci romano” e di avere “collaborat­o con Giancarlo Pajetta” è innegabile e ha dato i suoi frutti. Ma questa posizione riduce lo spazio di manovra verso il centro. Ricucire con il M5S mi pare operazione molto ardua e con il 22-23% non si va molto lontano».

La Toscana resta l’unica regione con il Pd primo partito, ma in base ai voti delle Europee, appare più che contendibi­le per le prossime elezioni regionali: se si guardano i voti reali, l’area di centrodest­ra stacca non solo il Pd ma tutta l’alleanza (improbabil­e, visti i rapporti pregressi) con le altre forze europeiste e di sinistra. Il prossimo anno la Regione sarà conquistat­a dal centrodest­ra a trazione leghista?

«È una prospettiv­a realistica e sempre meno improbabil­e, ma per concretizz­arla occorrerà trovare un candidato alla presidenza che favorisca la convergenz­a e comporti il minimo di mal di pancia. Al momento le distanze tra le diverse componenti del centrodest­ra sono abbastanza forti, non tanto quelle palesi ma quelle sotterrane­e. Ci vorrà un lavoro diplomatic­o per ridurle».

Nel centrodest­ra, resta il nodo Forza Italia. I suoi voti non rischiano di essere definitiva­mente cannibaliz­zati dalla Lega?

«Forza Italia ha ancora un suo peso, ma è un frigorifer­o, per dirla con un’espression­e della vecchia politica. Congela i suoi voti grazie a Berlusconi, ma rischia di subire la probabile frammentaz­ione della sua classe dirigente, che in parte franerà verso la Lega e in parte verso Fratelli d’Italia. E i fedelissim­i ormai guardano più ad un’area di centro tutta da costruire che alla vecchia coalizione. Il che non favorisce il loro incontro con l’elettorato tradiziona­le di quell’area».

Tra Lega, Forza Italia e FdI distanze forti, servirà un lavoro diplomatic­o per ridurle

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Marco Tarchi, docente di Scienza della politica all’Università di Firenze

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