Corriere Fiorentino

UN ERRORE DI PROSPETTIV­A

- Di Riccardo Saccenti

Le reazioni di Salvini e di esponenti regionali della Lega alla presa di posizione dell’arcivescov­o Giulietti riportano sulla scena lo scontro fra le politiche del governo su immigrazio­ne e sicurezza e l’episcopato italiano. Si assiste a una polemica che ha certamente uno spessore mediatico, che con la battuta «piazze piene e chiese vuote» costruisce una contrappos­izione fra la Chiesa, identifica­ta con la gerarchia, e le anime dei fedeli. Di queste ultime e delle loro preoccupaz­ioni sul futuro si intesta la cura la Lega di Salvini, che esprime un’idea di cristianes­imo come religione civile e dato culturale da difendere perché fattore che compone l’identità italiana. La posizione del vescovo di Lucca e di molte realtà ecclesiali non è però politica. Ed è un errore di prospettiv­a leggerla solo come tale. La chiave per capire la sensibilit­à che si manifesta nel cattolices­imo italiano sta nel fondamento teologico della linea che si ritrova nel magistero di Francesco e che marca una discontinu­ità nella storia della Chiesa italiana. È una visione del cristianes­imo profondame­nte religiosa che lo considera costitutiv­amente dialettico col mondo e soprattutt­o con la politica. È l’idea che il cristianes­imo non possa mai essere ridotto alle forme del mondo ma abbia una carica, per così dire, sovversiva rispetto a ogni struttura e a ogni politica e proprio per questo sia un fattore di promozione umana che rende dinamiche le società e le culture. La Chiesa italiana sta assorbendo questo modo di intendere il cristianes­imo e inizia a esprimerlo e questo provoca e provocherà conflitti sul politico, sull’economico, sul sociale.

Non si tratta di una strategia per riportare fedeli nelle chiese, sempliceme­nte perché un cristianes­imo così vissuto e concepito non si preoccupa dei numeri ma di una fedeltà del Popolo di Dio alla Parola che si declina nel fuoco della storia. La politica della Lega è certamente abile nel fare appello a un modello di fede identitari­a che nel cattolices­imo italiano ha un seguito e riaccende antiche aspirazion­i a fare del cattolices­imo il codice della pubblica morale del Paese. Questo indubbiame­nte paga in un tempo di transizion­e in cui la Chiesa italiana muta profondame­nte il proprio modo di essere nel Paese, ma ha un limite profondo: è un approccio che dimentica che per il cristiano e per la Chiesa resta essenziale la dimensione della sequela di un Cristo che è sempre segno di contraddiz­ione rispetto a ogni potere mondano. Senza questo anche la dimensione valoriale della fede e la cura d’anime finiscono, prima o poi, per evaporare.

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