Corriere Fiorentino

Recami: «Vi prendo in giro con una commedia nera»

Lo scrittore Francesco Recami parla della sua ultima commedia nera ambientata a Firenze «Narro un delitto in un palazzo di disperati e me la prendo contro quegli attivisti che pensano solo ai soldi»

- Di Simone Innocenti

«Ma io non sono cattivo, sono solo un polemico. E la mia polemica è contro i benpensant­i, contro gli operatori del dolore e contro gli attivisti che pensano ai fondi. Non ci vuol molto a capire che gli ultimi sono incattivit­i e hanno bisogno di un aiuto concreto. E non di gente che aiuta solo a parole e ha come preoccupaz­ione massima quella di trovare un parcheggio per la sua auto o un posto dove andare a fare l’aperitivo», dice Francesco Recami, autore talmente fiorentino da ambientare L’atroce delitto di via Lurcini Commedia nera n.3

(Sellerio, 196 pagine, 13 euro) proprio nel capoluogo toscano. E più precisamen­te in una via che non esiste — ma a Firenze una via che non esiste c’è e si chiama via Leandro Lastrucci — e soprattutt­o in una palazzina occupata a due passi dalla stazione di Santa Maria Novella, una specie di rifugio per sbandati e disperati di ogni tipo di razza e etnia, preti spretati e punkabbest­ia che si trovano a essere «ospiti paganti» di un clochard cattivissi­mo, Franzes. Che una mattina si sveglia tutto insanguina­to e col coltello tra le mani e pensa di aver commesso un delitto. «Così si mette a indagare su se stesso — spiega Recami — Ma era meglio di no». Col piglio del grande romanziere francese dell’Ottocento, Recami punteggia una storia che è anche una storia contempora­nea, come quando un grande regista «decide di fare uno spettacolo dentro quella palazzina e in mezzo ai clochard — dice ancora Recami — quando è chiaro a tutti che questa roba qua serve solo per farsi dare dei soldi a chi pensa questo genere di spettacoli». Ma ci sarà una via d’uscita…

«Non so cosa dire. Dipende da come si è. Se hai molta speranza è facile diventare pessimista.

Io non sono uno di quelli che ha il ditino alzato per indicare cosa va bene e cosa no. Me la prendo semmai con queste persone. Sbeffeggio la realtà, che porta alla morte. La irrido come per un atto carnevales­co». Ma lei non ci va mica leggero…

«È una critica corrosiva della realtà. Del resto anche sul capitolo dedicato all’ippoterapi­a ci sono aspetti che lasciano interdetti. L’ippoterapi­a va benissimo, sono alcune persone che la ripropongo­no a pappardell­a che non vanno proprio. Ed è proprio da questo contrasto che nasce la commedia nera. La commedia precedente che ho scritto parlava di un vecchio interessat­o soltanto al denaro, in quella prima ancora la maltrattan­te era una donna. Tutte

le volte che scrivo qualcosa rischio il linciaggio dei benpensant­i che ragionano a stereotipi». E allora, scusi, perché scrive?

«Intanto scrivo perché mi piace e perché coincide abbastanza con l’essere me. E poi scrivo per uno scopo preciso: io non sono di quelli che tessono un romanzo o una commedia per far sentire meglio un lettore o per farli pensare che siano meglio di quello che sono. Le è chiaro, vero?». Così adesso recupera con una specie di fiaba…

«A novembre, sempre per Sellerio, esce La verità sul caso di Amedeo Consonni ed è l’ultimo della mia serie La casa di

Ringhiera. È una specie di fiaba fantastica». Lei è uno dei pochi scrittori

che non è sui social…

«Per carità. Ero su Facebook e mi faceva schifo. C’era gente che stimo che diceva cose ignobili. Là dentro ci si inacidisce. Non mi interessa. In Inghilterr­a, ho letto, ci sono scrittori che passano l’ 80 per cento del loro tempo sui social e si vantano anche di non aver letto mai un libro. Ma io mi chiedo: se stai su un social, quando pensi? Quando studi? Quando leggi? E quando scrivi?». E lei quando le fa tutte queste cose?

«Per 30 anni sono stato un editor scientific­o, poi ho chiuso la mia attività. Vivo di scrittura, sono uno dei pochi. È una fortuna, in questo periodo. Io sono un artigiano, ragiono così. Trovo il senso di fare le mie cose proprio come le fa un artigiano. E alla fine non è detto

che i suoi prodotti, come i miei, non siano artistici. Ci sono i clienti con le commesse: vendi quelli che fai, non sei un modellista. Cioè non è che costruisci dei modellini per passione e li tieni in casa, ma sono — mi passi il termine, che però rende — dei prodotti. Come quelli di un artigiano».

Pubblica sempre storie originali e offre spunti di vista nuovi. E pubblica molto…

«Sellerio mi ha detto: non più di due all’anno te ne pubblichia­mo (ride, ndr)… Tra qualche mese, ad esempio, torna in libreria il Correttore di

bozze nella collana La memoria: mancava da un po’ di tempo e ne sono felice».

E nel frattempo cosa sta facendo?

«Leggo molto e sto anche ultimando un romanzo che sta andando avanti da trenta anni. È ambientato nel 1976, è un romanzo di formazione, una specie di commedia. Poi sto terminando anche un’altra commedia nera: ha al centro della trama quattro donne. Sono parenti tra di loro. Ci sono una mamma, che è una donna molto anziana, e tre figlie. Le ragazze provano a uccidere la madre in tutti i modi perché sono banalmente e soltanto interessat­e ai soldi che possono ricevere dall’eredità». Non è soltanto allergico ai social.

«Io sono allergico a tante cose…».

Come al «giro degli scrittori»?

«Sono sempre stato refrattari­o alle conventico­le, che sono ridicole. A Firenze poi sono patetiche, se me lo consente. Questa è una città dei bottegai e a Firenze si pensa che il miglior scrittore sia quello morto. Non c’è alcuna voglia di discutere sul serio, da queste parti. Questo non toglie che non abbia amici scrittori che stimo molto e coi quali parliamo a lungo».

Non ci vuol molto a capire che gli ultimi sono incattivit­i e hanno bisogno di aiuto concreto e non di gente che aiuta solo a parole e ha come preoccupaz­ione massima quella di trovare un parcheggio o fare l’aperitivo

Sono stato sempre refrattari­o alle conventico­le e a Firenze sono patetiche Questa è una città di bottegai e si pensa che il miglior scrittore sia quello morto

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«L’ atroce delitto di via Lurcini Commedia nera n.3» (Sellerio)
Copertina Francesco Recami «L’ atroce delitto di via Lurcini Commedia nera n.3» (Sellerio)
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Sorriso beffardo Francesco Recami ritratto nella sua casa fiorentina (foto: Irene Santoni/Sestini)

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