NOI E I COMITATI (SENZA IPOCRISIE)
Dopo l’editoriale del direttore Paolo Ermini («Il rovescio dei comitati») pubblicato sul Corriere Fiorentino del 14 agosto scorso sono arrivate in redazione tante lettere e interventi di comitati, attivisti politici e di liste civiche o singoli cittadini. Oggi li pubblichiamo tutti (con replica) per dare testimonianza di un dibattito privo di ipocrisie o soggezioni.
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Gentile direttore, prima di pronunciarmi su Piazza della Vittoria, ritengo utile fare due premesse. Occupandomi professionalmente di verde, ed avendo partecipato in varia veste anche a degli abbattimenti, credo di poter distinguere tra richieste irrealistiche o ingenue e richieste legittime e ragionevoli. Ci tengo poi a sottolineare che non sono aduso a rincorrere necessariamente il consenso come sa chi ha seguito la campagna elettorale di noi Verdi. Quando il comitato di Bellariva chiese un incontro a tutti noi candidati sindaco sulla tranvia, pur sapendo che su quella specifica questione la posizione del comitato era distante dalla nostra (e sul punto specifico invece tale comitato convergeva sulle posizioni del Corriere Fiorentino) mi presentai e riportai la nostra posizione.
Chiarito questo, ci tengo a spiegare perché le battaglie portate avanti su Piazza della Vittoria dall’omonima associazione mi sono fin da subito parse ragionevoli. Credo servano anche alcune digressioni di carattere tecnico. Una Vta su un albero (visual tree assessment) è un procedimento che lascia alcuni margini di soggettività, a differenza di quanto accade per la misurazione di un parametro fisico come potrebbe essere temperatura o pressione o altro. Se vogliamo misurare la temperatura di un luogo, prendiamo un termometro e abbiamo una misura che potrà avere un margine di errore di un decimo di grado, non esiste il fattore umano, quel dato è sostanzialmente insindacabile. La stabilità di un albero è qualcosa di molto più complesso e questo può in parte spiegare perché valutazioni diverse sulle stesse piante abbiano talvolta classificato un albero in classe B, altre volte in classe D.
Sappiamo che nell’ultima consiliatura sono stati abbattuti oltre 7 mila alberi, pari a quasi un decimo del patrimonio arboreo cittadino (...). In questo contesto un allarmismo eccessivo, anche se magari comprensibile, da parte di stampa e amministrazioni, può avere un effetto negativo, perché siccome nessun dottore forestale si prenderà mai la responsabilità di dire «questa pianta non cadrà mai nei prossimi anni» perché sa che in natura il rischio zero non esiste, si arriverà a un eccesso di zelo sugli abbattimenti. Perché se vorremo avere rischio zero dovremo togliere tutti gli alberi adulti.
Ma in piazza della Vittoria non c’è solo questo problema. Se oggi su quella piazza aleggia la parola «riqualificazione»,
parola dietro la quale sempre più spesso si sponsorizzano anche progetti discutibili, è perché negli ultimi vent’anni almeno, si è abbattuto senza ripiantare. Mentre il singolo cittadino sa che se abbatte un albero nel proprio giardino, stando al regolamento del verde, ne deve ripiantare un altro (...), questo in piazza della Vittoria non è purtroppo avvenuto.
Se poi nel progetto esecutivo compaiono specie arboree come il pino nero, anziché il pino domestico, le preoccupazioni dei comitati sono più che legittime: abbiamo dovuto abbattere i pini neri da viale Guidoni, proprio perché non crescevano: tale specie, che si trova bene a Monte Morello, nelle estati arroventate fiorentine evidentemente va in sofferenza, dunque avere perplessità su una scelta del genere è doveroso (...). È evidente che in Piazza della Vittoria, se si iniziasse a riqualificare piantando, anziché abbattendo, se dal progetto geometrico che comporta un abbattimento di tutte le alberature, anche delle piante sane, si passasse a una sostituzione progressiva, come in Viale Torricelli, si incontrerebbe il beneplacito e la collaborazione della popolazione, anziché il conflitto.
Io ritengo che quegli spiragli di apertura arrivati dalla giunta debbano aprirsi, non chiudersi, e che un lavoro di una associazione che non si limita ad opporsi a un progetto ma ne propone un altro persino più ambizioso, sia un esempio da imitare, non da biasimare. Andrés Lasso (Verdi Firenze)
Caro Direttore, nel Suo articolo pubblicato il 14 agosto si affronta un argomento che è di assoluta rilevanza, sia in linea generale, per il ruolo che i comitati possono svolgere della vita democratica (...) L’articolo merita quindi una replica ed un approfondimento, perché fornisce una percezione inesatta ai lettori che non conoscono gli atti e gli argomenti.
1) Non è vero, per lo meno in tutti i casi, che ci sia sempre in gioco il «taglio di alberi malati». Talvolta, come ad esempio per i tigli del filare spartitraffico di Lungarno del Tempio, si tratta di alberi sani e stabili, così come certificato da enti «super partes» privatamente
interpellati a spese dei cittadini con perizie agronomiche svolte in modo autonomo.
2) Si può affermare quindi che, almeno in alcuni casi documentati, vi sono fondatissime ragioni, trascurate dall’Amministrazione, per ritenere quanto meno dubbie le valutazioni di necessità di abbattimento fatte. Non stiamo certamente sostenendo la tesi di dover salvare gli alberi costi quel che costi, anche se questi risultano malati, ma solo quella di dover conservare, per quanto possibile, il patrimonio arboreo degli alberi maturi e di sostituire gli esemplari malati o giunti a fine vita con i nuovi impianti.
3) A quanto ci risulta, a partire dal 2017, sta prendendo campo in buona parte delle Amministrazioni comunali in Italia una prassi in base alla quale, al fine di evitare la caduta di alberi durante eventi meteorologici particolarmente intensi, si eliminano preventivamente, anche in assenza di valide ragioni. Questo sta determinando l’eliminazione di interi filari o gruppi di alberature cittadine, anche in assenza di perizie tecniche (...).
4) Per questo motivo si stanno diffondendo nuove discutibilissime prassi di gestione del patrimonio arboreo che prevedono un ciclo di vita breve delle piante, dell’ordine di circa 20-40 anni, a fronte di una aspettativa di vita in sicurezza, che può arrivare — per alcune specie — anche a secoli. Tale nuova prassi gestionale (...) impedirà alle nuove generazioni (ed anche a noi) di godere dei benefici e della bellezza delle piante di alto fusto nei contesti cittadini.
5) Nella città di Firenze, in particolare, stando ai numeri del Comune, negli ultimi 5 anni a fronte di una perdita di oltre 7200 alberi, solo circa 1800 risultano caduti per effetto dei fenomeni atmosferici, mentre gli altri circa 5400 sono stati abbattuti dalla Amministrazione con provvedimenti spesso caratterizzati dall’urgenza. Questi sono numeri di assoluta rilevanza, se si considera che l’intero patrimonio arboreo ammonterebbe a circa 70.000 esemplari e che la perdita ha riguardato naturalmente quelli di maggiore rilevanza dal punto di vista delle dimensioni della chioma (...). Tutto quanto sopra quindi per segnalare che un simile argomento non può essere derubricato con il tono di critica e di sufficienza rivolto contro i comitati cittadini. Al di là del caso specifico e degli eventuali eccessi, urge una maggiore attenzione da parte della Amministrazione alla valutazione dei motivi delle proteste ed un confronto costruttivo con le posizioni dei cittadini al fine di poter distinguere con trasparenza quali siano i casi in cui gli alberi risultino pericolosi e (...) quali siano invece i casi in cui questi vengono abbattuti per scelta politica (quando ad esempio si tratta di decidere su una cosiddetta «riqualificazione») o — peggio — quando siano da abbattere per mero pregiudizio. Nicola Andreozzi
Gentile direttore, il suo editoriale del 14 agosto merita una cortese risposta.
1) I comitati rischiano di diventare dannosi per la comunità fiorentina... Mah... I cittadini dei comitati sono persone particolarmente attive e spesso competenti, che si organizzano perché il Comune è una organizzazione verticale e impermeabile, che cala dall’alto progetti e norme incredibilmente astratte mai condivise
con nessuno (nemmeno con i consiglieri comunali e di quartiere (...). Se gli eletti venissero ascoltati — e se, come vorremmo noi di Libera Firenze lista civica, ce ne fossero di più, rione per rione— questi gruppi spontanei di protesta civica farebbero riferimento a loro. Tanti progetti sbagliati non verrebbero nemmeno concepiti.
2) Su Piazza della Vittoria, ci sarebbero da eliminare alcuni pini malati e pericolosi... Mah... Direttore, guardi che questa rappresentazione è fuorviante. Dietro la volontà di desertificare Piazza della Vittoria c’è una idea politica precisa e pericolosa. Da decenni si è completamente persa la capacità di custodire e curare gli alberi adulti e frondosi. È passata l’idea degli «Abbattini». Gli alberi grandi devono essere tutti eliminati e sostituiti con alberi piccolini (...). Peccato che, senza alberi adulti, nel cuore della città, la vita umana e animale diventino più precarie. È una scelta politica miope e sbagliata che, per quanto ci consta, la nuova amministrazione del sindaco Nardella e dell’assessore Del Re sono disposti a mettere in discussione. Vedremo! Fabrizio Valleri (Libera Firenze)
Caro direttore, se lei fosse stato presente alla conferenza stampa del Comitato, avvenuta dopo l’incontro con gli assessori Bettini e Del Re, avrebbe avuto elementi veritieri ed esaustivi per poter scrivere un articolo dai contenuti reali e non strumentalmente dequalificanti l’operato del Comitato stesso. Fare informazione significa raccontare la realtà dei fatti . Rifletta bene sul suo modo di operare. Gianluca Maccolini
Gentile direttore, la realtà è complessa e quasi mai è possibile usare una logica che separi le cose in «bianche» e «nere». Mi pare che il Suo editoriale sulle persone che difendono gli alberi di Piazza della Vittoria non tenga conto del fatto che probabilmente non tutte quelle piante sono così pericolose. Ciò che infastidisce è la soluzione drastica, senza mezzi termini! È forse più economica e sicuramente toglie ogni responsabilità.
Quanta fatica nel controllare la vita dei vegetali di Firenze… Meglio levarli di mezzo e magari ripiantarne molti altri in zone più sicure (…). Quando penso al degrado della politica (e della tecnica che dovrebbe venirle in soccorso) mi viene proprio in mente che oggi i suoi primi e forse unici comandamenti sono: spender poco e tutelarsi contro possibili ricorsi. Mai nessuno che prenda una decisione calibrata, che tenga conto di tutti i fattori in gioco. Vale a dire: mai una figura autorevole… Leonardo Eva
❞ L’accusa I cittadini dei comitati sono spesso persone competenti, il Comune però è impermeabile
❞ La replica A volte il Comune è stato spinto a risolvere problemi, altre volte hanno prevalso i piccoli interessi
Nell’editoriale parlavo dell’importanza dei comitati nella vita di una città. E anche a Firenze. A una condizione: che la loro azione non diventi un potere di veto, con cui gli interessi di una parte prevalgano su quello più generale, rappresentato dal sindaco e dal Consiglio comunale.
Le lettere si soffermano sul caso di piazza della Vittoria, che nel l’editoriale citavo come esempio. Il ruolo dei residenti è stato positivo fin al punto in cui le obiezioni al taglio degli alberi sono servite a evitare semplificazioni e sottovalutazioni da parte dell’Amministrazione, ma è diventata negativa quando la resistenza è diventata pregiudiziale e con la forza si è impedito che la decisione (meditata) dell’Amministrazione si realizzasse È inconcepibile che ieri mattina per portare a termine l’abbattimento di sei pini siano dovute intervenire le forze dell’ordine secondo un piano stabilito dalla Questura.
Ci sono due tipi di ambientalismo: quello che intende congelare un territorio così com’è, e a qualsiasi prezzo (sicurezza inclusa) e quello che adegua la difesa dell’ambiente in base anche agli studi scientifici, alle nuove tecniche di conservazione e valorizzazione del territorio, ai bisogni di chi vive in un determinato contesto. Non c’entra nulla la speculazione che a Firenze ci vede impegnati da sempre in una difficile battaglia. Si tratta piuttosto di evitare ogni forma di esasperato conservatorismo travestito da ecologismo. Anche in piazza della Vittoria, il cui progetto di riqualificazione è stato a lungo dibattuto con gli abitanti del rione.
In altri frangenti, a volte i comitati hanno con tenacia spinto Palazzo Vecchio ad affrontare situazioni trascurate (come quella di piazza Indipendenza), a volte hanno impedito soluzioni che potevano risolvere un problema importante (come i parcheggi sotterranei in Oltrarno e non solo), obbligando poi l’Amministrazione a tardive rincorse.
E questa non è un’opinione, ma la verità raccontata dalle cronache. Era comunque ora che sul tema dei comitati si cominciasse a fare una riflessione senza ipocrisie né soggezioni. Paolo Ermini