«Bene le proposte, ma non c’è coscienza ambientale senza conoscenza»
Francesco Ferrini, presidente della Scuola di Agraria dell’Ateneo fiorentino, è appena tornato dagli Usa dove è stato insignito dell’Award of Merit, il più importante premio conferito dall’International Society of Arboriculture.
Professore lei ha avuto un premio prestigioso, ma è stato attaccato via social per le sue posizioni. E spesso le polemiche su Internet trascendono, si parla di «alberi sani abbattuti»: come si fa a coniugare la scienza e la rete?
«Se lo sapessi mi darebbero il Nobel... La questione centrale è che non c’è coscienza ambientale senza conoscenza. Con l’emotività si va da poche parti».
Si può conciliare la presenza degli alberi e un ambiente urbano sempre più stressato?
«Si può e ci sono molteplici strumenti per monitorare lo stato delle alberature. Occorre una pianificazione di lungo termine per il rinnovo degli alberi, anche perché passano anni, a volte decenni, prima che le nuove piante crescano completamente. Le valutazioni vanno fatte caso per caso e tenendo conto che il clima è cambiato e sta cambiando più rapidamente di quanto pensassimo. Ciò richiede anche un approccio diverso e la necessità di ricorrere a specie magari non autoctone, ma con caratteristiche di resilienza maggiori. E in alcuni casi, purtroppo è necessario la sostituzione di alberi che ormai sono giunti alla fine del loro ciclo vitale, non solo perché i loro benefici ambientali sono ridotti ma per i loro costi, sia in termini di gestione e potature, sia per i rischi. Il monitoraggio scientifico serve proprio per andare oltre la soggettività dei giudizi umani».
Come sta il verde a Firenze?
«Ci sono aree con problematicità e altre meno, come in ogni città. Torno ora dagli Usa e anche lì un taglio di albero non si fa mai a cuore leggero e giustamente perché è una cosa che emotivamente colpisce. Ma in alcuni casi non si può non intervenire. Ed a Firenze in 5 anni sono stati piantati quasi 13.000 alberi, con un bilancio arboreo largamente positivo; bisogna tenerne conto».
Perché non si può non intervenire,
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Sotto attacco sui social Con l’emotività non si va da nessuna parte, in quella piazza i pini sono troppo fitti e classificati pericolosi. È un obbligo abbatterli entro 6 mesi
anche con tagli e abbattimenti?
«Se l’amministrazione pubblica ha una relazione tecnica in cui si certifica la pericolosità di un albero, il rischio caduta, deve intervenire anche per evitare possibili conseguenze penali o accusa di omissione di atti di ufficio».
Cosa pensa del caso dei pini di piazza della Vittoria?
«Non conosco le schede degli
alberi, ma sono passato dalla piazza e ho notato che i pini sono fitti. Ho letto che la classe di rischio dei pini abbattuti è la classe D, quella di massima pericolosità, ed in questo caso l’amministrazione pubblica entro sei mesi deve procedere all’abbattimento. È un obbligo, non una scelta». I pini possono stare nelle città del terzo millennio?
«Nei parchi stanno senza dubbio bene. Come alberatura stradale hanno tanti problemi, sollevano l’asfalto, i marciapiedi e se piantati troppo fitti, crescono in modo non naturale e ciò può accentuare la propensione al cedimento. Problemi che si vedono in viale Europa o in viale Redi: lì invece i platani che sono stati piantati del 2010 sono belli».
Altro caso al centro delle polemiche, gli alberi e la tramvia: via dello Statuto le piace?
«A mio parere il risultato è positivo, gli alberi cresceranno e già ora danno un bel effetto. Inoltre, i lecci che prima erano presenti erano molto fitti e bassi, con il risultato che, probabilmente, intrappolavano lo smog ad altezza di uomo.
L’accresciuta sensibilità può comunque essere utile ai Comuni?
«Certo. Spesso dai cittadini arrivano proposte sensate. Le cose sono cambiate rispetto al passato, ad esempio sulle potature che vengono fatte meno peggio di prima, anche se ogni tanto in città vedo interventi troppo pesanti. Ma in Italia c’è poca cultura dell’albero, non come in Svizzera o Germania per non dire degli Usa».