Corriere Fiorentino

IL MALE MINORE? UGUALE A QUELLO MAGGIORE

- di David Allegranti

Il colpo di sole del Papeete ha prodotto una surreale crisi di governo, tra rosari branditi come cappi — e per la Lega pari sono — e richieste di «pieni poteri» a mezzo spiaggia e Facebook. Non riusciamo a schiodarci da Ennio Flaiano: «La situazione politica in Italia è grave ma non è seria». Se possibile, quel che sta avvenendo negli ultimi giorni, con la trattativa Pd-Cinque stelle per avviare un nuovo governo, è ancora più surreale. Il dialogo per l’accordo, per il quale i grillini vorrebbero un nuovo contratto (l’ultimo, in effetti, ha funzionato benissimo), va

avanti da giorni sul ruolo di Beppe Conte e sul taglio del numero dei parlamenta­ri. Di Maio chiede un Conte bis, solletican­do l’animo carico d’entusiasmo di quelli che si spellavano le mani dopo il discorso di Conte in Senato. Troppa grazia per chi ha scoperto di aver governato con Salvini con 14 mesi di ritardo. Il taglio del numero di deputati e senatori mercantegg­iato in queste ore serve invece come surrogato per soddisfare gli istinti dell’elettorato che vuole vedere il sangue. Non è serio ed è ben rappresent­ativo di una certa classe dirigente. Con tutti i problemi che abbiamo in Italia — il Paese non cresce, il debito pubblico è un fardello — questo nuovo esecutivo viene spacciato come strumento per «salvare il Paese», tutto un trionfo di retorica da quattro soldi sulla «responsabi­lità istituzion­ale», e le due forze politiche che dovrebbero costituirl­o ragionano su questioni non rilevanti per l’interesse nazionale. Non mancano poi le contraddiz­ioni tra chi fino a poche settimane fa diceva che il Pd è «il partito di Bibbiano» e chi diceva che i Cinque stelle sono dei «cialtroni» teleguidat­i dalla Casaleggio Associati ( tutti i renziani). Si dirà, giustament­e, che la politica è l’arte del compromess­o e che è abituata a trovare soluzioni con le scarse risorse a sua disposizio­ne, epperò qui la questione è un’altra. Non erano solo insulti fra avversari quelli che abbiamo ascoltato in questi anni ma due concezioni diverse della democrazia. In un paese che ha una memoria storica di tre ore, viene facile far finta di nulla ed elevare l’«abbiamo scherzato» a risoluzion­e per i conflitti politici. I problemi più grossi, in questa trattativa, sembra averceli il Pd. Anzi, i due Pd. Ce n’è uno ufficiale, quello di Zingaretti, e poi c’è il partito nel partito, quello di Renzi. Il partito di Zingaretti governa la segreteria, quello di Renzi i gruppi parlamenta­ri. Non si fidano l’uno dell’altro, tant’è che nei colloqui con i Cinque stelle, Zingaretti non può mai garantire per l’ex presidente del Consiglio, che sembra sempre sul punto cruciale di organizzar­e la scissione e un nuovo partito, magari dopo aver bombardato a colpi di tweet, interviste e pubbliche dichiarazi­oni il governo che adesso dice con tanta convinzion­e di volere. «Qui è in gioco l’Italia, non le correnti dei partiti. Votare subito è folle», aveva detto Renzi al Corriere della Sera l’11 agosto. L’obiettivo dichiarato, dunque, è evitare che Salvini vinca le elezioni. Il Truce (anzi Truciolo, copyright di Pippo Civati) d’altronde potrebbe battere gli avversari in caso di voto anticipato, magari in autunno. Ma chi ha detto che non possa accadere anche l’anno prossimo o al termine naturale della legislatur­a? Come osserva Guido Vitiello, «se l’alternativ­a che si prospetta è far stravincer­e il piccolo Orbán subito, con il parlamento così com’è, o farlo stravincer­e un po’ più in là con un parlamento decurtato a vanvera per volontà grillina, posso scegliere la terza busta, diciamo una ventina d’anni di coma farmacolog­ico? Grazie». I mali minori non sono molto diversi da quelli maggiori.

Scenari L’obiettivo è evitare che Salvini vinca le elezioni: ma chi ha detto che accada?

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