Così uguali, così diversi
L’allenatore bianconero farà il suo esordio in campionato dopo la polmonite che lo ha tenuto lontano dalla panchina Vincenzo vuole fare il bis dell’impresa di sei anni fa
Montella a caccia del primo successo dal ritorno in viola Sarri a Firenze non ha mai vinto
Gemelli che più diversi non si può. Uno è stato un grandissimo calciatore, è diventato allenatore di un top club (la Roma) praticamente subito, cura il look, sa staccare la spina magari, con una bella cena fuori. L’altro da giocatore non è andato oltre i Dilettanti e prima di imporsi come allenatore ha dovuto mangiare il pane duro delle serie inferiori. Vive e allena in tuta, fuma un paio (forse più) di pacchetti di sigarette al giorno, vive 24 ore su 24 in funzione del calcio e vederlo in giro per la città è evento più unico che raro.
Eppure, Vincenzo Montella e Maurizio Sarri, hanno anche parecchi punti in comune. Le origini, prima di tutto. Entrambi figli della Campania ma emigrati presto in Toscana per cercare (e trovare) fortuna. Vincenzino, nato a Pomigliano d’Arco, a 13 anni è già ad Empoli. È lì, tra settore giovanile e prima squadra, che si forma come calciatore. Esattamente dove Sarri, dopo una lunghissima scalata, è riuscito ad imporsi come allenatore. Prima in Serie B, poi in Serie A, per poi spiccare il volo verso Napoli, Londra (il Chelsea) e, oggi, la Vecchia Signora. E chissà. Magari è stata proprio l’aria che (da sempre) tira dalle parti della società del presidente Corsi ad influenzarne le idee. Perché sia l’uno che l’altro, nella contrapposizione che va tanto di moda tra mister «giochisti» e «risultatisti», si schierano convintamente tra i primi. Amano il possesso palla, il calcio ragionato, senza lanci lunghi e con la ricerca quasi ossessiva del fraseggio. Non a caso, entrambi, hanno legato alcuni dei loro momenti migliori ad un «falso nove». A Firenze fu Jovetic, centravanti di una squadra bellissima. A Napoli fu Mertens, trasformato da Sarri da esterno a bomber da 20 gol a campionato.
Sabato, i due, si ritroveranno, in un confronto che vale tantissimo. Sia per Montella, che per Sarri. Quest’ultimo, in particolare, vivrà l’emozione dell’esordio sulla panchina della Juventus. Dopo le amichevoli estive infatti, una brutta polmonite lo ha costretto a saltare le prime due gare di campionato.
Sarà il Franchi, quindi, il teatro del suo «battesimo». E non è detto che per lui sia una bella notizia. Basta dare un occhio ai numeri: Sarri, a Firenze, non ha mai vinto. Sono quattro, i precedenti, che raccontano di tre pareggi (due da allenatore del Napoli e uno da mister dell’Empoli) e una sconfitta. E che sconfitta. Era il 29 aprile del 2018 (ultimo incrocio) e, quel pomeriggio, il Napoli perse lo scudetto. Finì 3-0 (tripletta di Simeone) e fu un tonfo che, di fatto, consegnò il titolo alla Juventus.
«Abbiamo perso ieri sera in albergo», raccontò Sarri. I bianconeri infatti, in anticipo, avevano vinto (in rimonta) una delicatissima partita con l’Inter. Il Franchi insomma, per lui, è un vero e proprio tabù. Non che Montella se la passi meglio. Anzi. Nei confronti diretti con l’allenatore bianconero (sono sei, in totale) l’aeroplanino viene da quattro sconfitte consecutive.
L’ultima (Napoli 2-1 Milan del novembre 2018) fece da antipasto al suo esonero, arrivato la settimana successiva. Vincenzo, poi, ha l’urgenza forte di invertire un’altra tendenza. Da quando è tornato alla Fiorentina non ha ancora vinto in campionato (9 partite, 7 sconfitte e due pareggi), non vince una gara di campionato dal 3 marzo del 2018 (Siviglia 2-0 Athletic Bilbao) e, in Serie A, è a secco addirittura dal 5 novembre del 2017 quando, col Milan, andò a vincere 0-2 sul campo del Sassuolo. Sabato, ci riproverà. Certo, la sfida è di quelle impossibili. Eppure, lui sa come si fa a battere la Juve. Ed ogni riferimento al 20 ottobre 2013, e quell’indimenticabile 4-2, non è puramente casuale.