Corriere Fiorentino

Sei anni, oltre sei milioni raccolti E la polemica sui nomi riservati

- M.B.

In principio era il «Big Bang». Così si intitolava, nel 2011, l’appuntamen­to di Matteo Renzi alla Leopolda, e così si chiamò l’anno successivo la fondazione incaricata di trovare sostegno (anche e soprattutt­o economico) per l’allora sindaco di Firenze. Il Big Bang divenne poi Fondazione Open, ma i suoi animatori rimasero gli stessi: nel consiglio di amministra­zione, presieduto da Alberto Bianchi, Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Luca Lotti, tutti renziani doc. Un pensatoio con il compito di raccoglier­e finanziame­nti, per gli eventi e non solo, attraverso le donazioni private, «fornendo il suo contributo finanziari­o, organizzat­ivo e di idee ad attività di rinnovamen­to della politica italiana, in particolar­e quelle articolate intorno alla figura di Renzi». Quasi settecento­mila euro il primo anno, oltre un milione raccolto l’anno successivo e così via, con i donatori che crescono: nel 2015 la tendenza si inverte, la Fondazione Open raccoglie «solo» mezzo milione di euro, ma nel 2016 la cifra è quasi quadruplic­ata.

La Fondazione Open, e prima Big Bang, ha sempre avuto un sito internet dove era possibile consultare un elenco dei finanziato­ri con relativa somma versata, una lunga lista con anche nomi di persone vicine al centro destra, ma incompleta — da qui le polemiche — dato che Open ha garantito l’anonimato ai donatori che non avevano autorizzat­o la diffusione dei loro dati, con il risultato che oltre un terzo dei donatori non è mai stato rivelato. La fondazione — in effetti una delle poche a pubblicare il proprio bilancio come risulta dal dossier di Openpolis — è stata chiusa ad aprile del 2018, e pochi giorni fa Matteo Renzi ha annunciato la nascita di una nuova fondazione la Matteo Renzi Foundation. Nei suoi sei anni di vita Open ha raccolto circa 6,7 milioni di euro, fondi investiti in primis nell’organizzaz­ione delle edizioni della Leopolda, mentre è stato scritto che il milione e 300 mila euro rimasti in cassa avrebbe ripianato il rosso nei conti e saldato i fornitori. Tra i donatori più generosi di Open, almeno tra quelli che hanno dato il consenso alla pubblicazi­one dei propri dati, spiccava Davide Serra, fondatore del fondo Algebris (225 mila euro), l’armatore Vincenzo Onorato (150 mila euro) e British american tabacco (110 mila euro).

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