Corriere Fiorentino

«Termovalor­izzatori, la prima battaglia è contro le ideologie»

- Di Alfredo De Girolamo* *Presidente Confserviz­i-Cispel Toscana

La mancanza in Italia di impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti crea le condizioni fertili per la criminalit­à organizzat­a. In molte regioni gli innumerevo­li sequestri da parte delle forze dell’ordine, in capannoni adibiti a stoccaggio, di scarti di rifiuti, come i continui incendi in aree dismesse, ne sono la testimonia­nza quotidiana. Per questa ragione il reportage sui rifiuti del Corriere della Sera del 7 ottobre, a firma Antonio Castaldo e Milena Gabanelli, è un raggio di razionalit­à e serietà in un mondo di deliri ideologici. Nel nostro Paese gli impianti non si fanno perché «alcuni» hanno paura e perché la politica non è in grado di tranquilli­zzare l’ opinione pubblica, come chiarisce bene l’ articolo: i termo valorizzat­ori( questo è il nome corretto) di nuova generazion­e non inquinano, o se vogliamo essere precisi producono sostanze nocive in quantità praticamen­te nulle, assolutame­nte non pericolose alla salute umana. Concetti facili da dimostrare, molto complicati da spiegare ai cittadini, a fronte di una lettura dominante e trasversal­e che si compone di svariati preconcett­i, basati su fondamenta completame­nte errati. Se a destra abbiamo la visione che pensa sia utile un ritorno al carbone, a sinistra non mancano le ambivalenz­e sulla gestione dei rifiuti, zone grigie in cui predomina il «vorrei, scusate, ma non posso ». E a fronte di prendersi una responsabi­lità si preferisce sottostare all’assioma «sono contro i termo valorizzat­ori perché mi fanno perdere consenso ». Si arriva persino ad imputare colpe a chi non le ha, ovvero l’Unione Europea. Travisando, con una forzatura, il messaggio che ci è stato dato sugli obiettivi per il 2030: l’Europa non ha mai chiesto la chiusura dei termo vali rizzato rientro quella dead line. La Commission­e europea ha solo scritto in una sensatissi­ma «comunicazi­one» quella che ritiene la strategia migliore da applicare per definire una economia circolare. Il testo è un invito a chi ha troppo incenerime­nto (paesi in over capacity, non certamente l’Italia) a ridurre la produzione e invece «sollecita» chi ne ha poco (come noi) a non compromett­ere il raggiungim­ento del 65% di riciclo al 2035, faro della nuova direttiva. Discorso semplice. Oggi, l’Italia ha il 15/18% di incenerime­nto degli scarti per essere compatibil­i con il dato del 65% di riciclaggi­o bisognereb­be giungere al 25% di incenerime­nto (con il 10% in discarica) o il 35% (e discarica zero). Alcune regioni hanno zero incenerime­nto (vedi la Sicilia) o troppo poco (casi del Lazio o della Toscana). Quindi, per rispondere positivame­nte alla Ue, la soluzione è passare il prima possibile agli impianti, nel numero necessario a non portare i rifiuti in Danimarca, Olanda e Germania. Continuare poi ad opporsi ai termo valorizzat­o ridicendo che è una tecnologia del secolo scorso, ormai antiquata, è un’altro grave errore. Copenaghen sta inaugurand­o un nuovo modernissi­mo impianto, Vienna e Parigi lo hanno fatto pochi anni fa. Dire che il termovalor­izzatore è una tecnologia obsoleta, equivale a dire che il treno o l’aereo sono mezzi già superati. Ovviamente, le tecnologie evolvono, e così sarà anche per la qualità degli impianti, e qui vi invito davvero a leggere il chiaro articolo pubblicato dal Corriere. E faccio mio il senso delle conclusion­i. Servono nel nostro Paese alcuni impianti moderni, non uno per provincia come diceva Salvini ma in base alla sostenibil­ità. Un Paese serio li costruireb­be rapidament­e mettendosi in sicurezza ambientale e traendo energia.

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