Corriere Fiorentino

Stop pregiudizi

Bonetti: «Il calcio? Non è un gioco solo per maschi»

- di Michela Lanza

Il calcio femminile italiano è in continua crescita. Anche se c’è ancora tanta strada da fare per combattere i pregiudizi. Tatiana Bonetti, attaccante della Fiorentina dal 2016, ha 27 anni e alle spalle una lunga carriera, iniziata nel 2007: «Prima — racconta — venivano a vederci quasi sempre solo i parenti. Adesso, invece, ci sono sempre più tifosi che ci seguono, sia in tv che allo stadio. Il prossimo passo è il profession­ismo, ce lo meritiamo».

È una questione culturale? «Penso di sì. Ci sono voluti tanti anni per arrivare alla visibilità di adesso. Ma vogliamo di più. Vogliamo l’uguaglianz­a con i maschi».

Quali sono le difficoltà per le donne nel calcio?

«Ci sono tanti pregiudizi. Ma chi viene a vederci capisce che c’è un lavoro duro dietro a tutto quello che facciamo. Il nostro è una calcio autentico e questo è il motivo che spinge sempre più persone a seguirci».

A proposito di pregiudizi, cosa risponde alla frase di Gianluca Petrachi «il calcio non è uno sport per signorine»?

«Dico che a volte le donne dimostrano di avere più carattere degli uomini, e non solo nel calcio. E che queste frasi ci fanno capire quanti preconcett­i ci siano ancora da abbattere».

Il profession­ismo è la soluzione?

«Sì. Gli altri Paesi sono avanti anni luce e quando incontriam­o le squadre straniere vediamo la differenza, sono più preparate dal punto di vista fisico e tecnico».

Cosa pensa di un centro sportivo dove si possano allenare tutte le squadre della Fiorentina, maschili e femminili?

«Sarebbe bello, ma per far crescere il calcio femminile bisogna iniziare a lavorare dai settori giovanili. Insegnare calcio alle bambine fin dall’età di 5-6 anni. Io ho iniziato con i maschi e c’era poca attenzione per noi. Nessuno mi insegnava o faceva su di me un lavoro fisico adeguato per diventare a tutti gli effetti una calciatric­e».

Su questo aspetto Rocco Commisso ha dimostrato grande attenzione...

«Ci ha accolte con umiltà e simpatia. Tiene molto al calcio femminile e ascoltando­lo ci siamo sentite protette. Negli Usa il movimento è molto sviluppato e sono convinta che lui possa dare un grosso contributo a farlo crescere anche in Italia».

Ma Tatiana Bonetti chi è?

«Sono andata via di casa molti anni fa e di questo sono dispiaciut­a, perché io vivo per la mia famiglia. Infatti quando posso corro dai miei. Però è difficile dire chi sono, mi sto ancora scoprendo. Penso che dovremmo fare tutti, prima o poi, un viaggio dentro di noi per capire bene come migliorars­i: io lo sto facendo».

Quando ha iniziato a giocare a calcio?

«A sei anni. Tutto è nato perché un maestro, vedendomi giocare con i maschi durante l’intervallo, suggerì ai miei genitori di portarmi a giocare a calcio. Loro erano convinti che dopo i primi calci presi sarei tornata a casa piangendo. Ma non ho mai pianto, anzi non mi fermavo mai. E da lì è partita la mia avventura calcistica. In compenso con la scuola non mi sono impegnata molto e, dopo aver iniziato l’Istituto Tecnico Turistico, mi sono fermata. Oggi sono pentita, un giorno riprenderò gli studi».

Oltre il calcio, cosa c’è nella sua vita?

«Pupa. È una cagnolina che ho preso da poco tempo, una meticcia che mi impegna molto. Poi, dopo l’allenament­o torno a casa e cucino, soprattutt­o la pasta: è il cibo che amo di più».

E di Firenze cosa ama?

«Il Piazzale Michelange­lo. Mi piace guardare Firenze dall’alto. Anche perché mi fa pensare a dove sono arrivata. Vengo da un piccolo paese della Lombardia e quando guardo quella distesa di arte e bellezza ogni volta mi vengono i brividi».

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Tatina Bonetti in azione, accanto con la sua cagnolina Pupa
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