LA CHAT DEGLI ORRORI E IL CONFINE NECESSARIO TRA REALE E VIRTUALE
Caro direttore, sono rimasta scossa dalla notizia scritta dal Corriere Fiorentino sulla chat che diffondeva odio e razzismo, pedopornografia e altro, coinvolgendo ragazzi, anche minorenni. Quando si semina odio, odio si raccoglie. Di fonte a episodi come questo non si può tacere. È vero che intervenire è complesso, perché servono azioni su più livelli: sociale, familiare, scolastico. Contesti che vengono alimentati ogni giorno da uno spargimento di odio che ha nei social network il proprio cavallo di Troia, che raggiunge ragazzi spesso privi di strumenti per comprenderne l’enormità. Se non ci fosse stato il tacito accordo fra il ragazzo e la madre per il controllo dello smartphone, questa realtà non sarebbe mai emersa; altri genitori hanno minimizzato, finto di non vedere. Altri forse non la reputavano un’enormità. L’inconsapevolezza, l’assenza di educazione all’empatia, la solitudine dei giovanissimi davanti a una tecnologia farcita di contenuti che passano tutti con lo stesso diritto d’attenzione, rendono sempre più difficile la percezione della realtà. Questa condizione è condivisa da molti adulti. Si è sempre più abituati a confondere virtuale e reale, notizie vere e notizie false. Non si risolve un caso come questo ponendo l’etichetta «mostro» sui partecipanti alla chat e sui loro genitori, anzi. È necessario che le istituzioni si muovano compatte con interventi specifici. La scuola è il primo baluardo di integrazione. I bambini non sono razzisti, non vedono differenze di colore, non alimentano odio. Esso nasce nel cuore delle famiglie, avvelenate dalla frustrazione, da politiche sociali impoverite da anni di crisi, invitate dalla politica a logiche divisive, abituate a separare, in nome di una non meglio definita italianità, «noi e loro», i «buoni e i cattivi». Non mi stupisce ma mi addolora che nell’inchiesta ci siano anche ragazzi toscani. Stiamo lavorando a un Osservatorio sulle forme dei nuovi razzismi e radicalizzazione dell’intolleranza in Toscana, perché per costruire politiche efficaci è necessario capire. La nostra regione non è immune da idee che inneggiano più o meno apertamente, alla discriminazione su base religiosa, etnica, sessuale. La loro penetrazione è favorita dalla circolazione in rete di contenuti razzisti e xenofobi. L’attività dell’Osservatorio ha registrato un progressivo aumento del «rancore sociale», che si traduce in più atti di violenza verbale verso il «diverso». Un’indagine su un campione di settecento studenti delle classi quarte e quinte delle scuole superiori toscane ha mostrato come, accanto a un generale atteggiamento inclusivo, trovino spazio significativi indicatori di rifiuto nei confronti di rom, omosessuali, e musulmani. I ragazzi intervistati esprimono netta distanza nei confronti di atti di discriminazione, poco meno della metà sostiene che la discriminazione non sia accettabile. La Regione costruisce progetti come il Treno della Memoria, il Meeting della memoria degli studenti, il progetto sul Confine orientale, dedicati a scuole superiori e Università, con una cura particolare nella formazione dei docenti; interventi non celebrativi, ma di costruzione di una capacità critica, stimolo ad approfondire e trovare correlazioni fra un «prima» e un «poi».
La promessa che faccio ai ragazzi toscani e ai loro docenti è di continuare a lavorare per fare dei cittadini che possano sentirsi parte di una più vasta umanità, in grado di costruire una società diversa, capace di raccogliere le sfide del presente senza esacerbarle nell’illusione di un presunto scontro fra civiltà.
L’Osservatorio che abbiamo creato registra un progressivo aumento del rancore sociale che si traduce in violenza verbale di giovani e adulti verso il «diverso»