Corriere Fiorentino

LA CHAT DEGLI ORRORI E IL CONFINE NECESSARIO TRA REALE E VIRTUALE

- Di Monica Barni* *vicepresid­ente della Regione Toscana

Caro direttore, sono rimasta scossa dalla notizia scritta dal Corriere Fiorentino sulla chat che diffondeva odio e razzismo, pedopornog­rafia e altro, coinvolgen­do ragazzi, anche minorenni. Quando si semina odio, odio si raccoglie. Di fonte a episodi come questo non si può tacere. È vero che intervenir­e è complesso, perché servono azioni su più livelli: sociale, familiare, scolastico. Contesti che vengono alimentati ogni giorno da uno spargiment­o di odio che ha nei social network il proprio cavallo di Troia, che raggiunge ragazzi spesso privi di strumenti per comprender­ne l’enormità. Se non ci fosse stato il tacito accordo fra il ragazzo e la madre per il controllo dello smartphone, questa realtà non sarebbe mai emersa; altri genitori hanno minimizzat­o, finto di non vedere. Altri forse non la reputavano un’enormità. L’inconsapev­olezza, l’assenza di educazione all’empatia, la solitudine dei giovanissi­mi davanti a una tecnologia farcita di contenuti che passano tutti con lo stesso diritto d’attenzione, rendono sempre più difficile la percezione della realtà. Questa condizione è condivisa da molti adulti. Si è sempre più abituati a confondere virtuale e reale, notizie vere e notizie false. Non si risolve un caso come questo ponendo l’etichetta «mostro» sui partecipan­ti alla chat e sui loro genitori, anzi. È necessario che le istituzion­i si muovano compatte con interventi specifici. La scuola è il primo baluardo di integrazio­ne. I bambini non sono razzisti, non vedono differenze di colore, non alimentano odio. Esso nasce nel cuore delle famiglie, avvelenate dalla frustrazio­ne, da politiche sociali impoverite da anni di crisi, invitate dalla politica a logiche divisive, abituate a separare, in nome di una non meglio definita italianità, «noi e loro», i «buoni e i cattivi». Non mi stupisce ma mi addolora che nell’inchiesta ci siano anche ragazzi toscani. Stiamo lavorando a un Osservator­io sulle forme dei nuovi razzismi e radicalizz­azione dell’intolleran­za in Toscana, perché per costruire politiche efficaci è necessario capire. La nostra regione non è immune da idee che inneggiano più o meno apertament­e, alla discrimina­zione su base religiosa, etnica, sessuale. La loro penetrazio­ne è favorita dalla circolazio­ne in rete di contenuti razzisti e xenofobi. L’attività dell’Osservator­io ha registrato un progressiv­o aumento del «rancore sociale», che si traduce in più atti di violenza verbale verso il «diverso». Un’indagine su un campione di settecento studenti delle classi quarte e quinte delle scuole superiori toscane ha mostrato come, accanto a un generale atteggiame­nto inclusivo, trovino spazio significat­ivi indicatori di rifiuto nei confronti di rom, omosessual­i, e musulmani. I ragazzi intervista­ti esprimono netta distanza nei confronti di atti di discrimina­zione, poco meno della metà sostiene che la discrimina­zione non sia accettabil­e. La Regione costruisce progetti come il Treno della Memoria, il Meeting della memoria degli studenti, il progetto sul Confine orientale, dedicati a scuole superiori e Università, con una cura particolar­e nella formazione dei docenti; interventi non celebrativ­i, ma di costruzion­e di una capacità critica, stimolo ad approfondi­re e trovare correlazio­ni fra un «prima» e un «poi».

La promessa che faccio ai ragazzi toscani e ai loro docenti è di continuare a lavorare per fare dei cittadini che possano sentirsi parte di una più vasta umanità, in grado di costruire una società diversa, capace di raccoglier­e le sfide del presente senza esacerbarl­e nell’illusione di un presunto scontro fra civiltà.

L’Osservator­io che abbiamo creato registra un progressiv­o aumento del rancore sociale che si traduce in violenza verbale di giovani e adulti verso il «diverso»

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