Renzi: «Abbiamo un popolo»
Il messaggio a Conte: da qui idee, non ultimatum. A Nardella: «Benvenuto a casa». Bonafè: «Qui per gli amici» In migliaia alla Leopolda della scissione. Il leader di Italia Viva accolto come una star
Matteo Renzi vince la prova di forza del primo giorno alla Leopolda. Grazie ad una folla oltre i limiti di sicurezza, fatta di tantissimi renziani non pentiti e anzi tornati nella loro stazione-simbolo più convinti che mai. Nessuno scontro tra ex e neo renziani, almeno sul palco: «Anche se non siamo nello stesso partito, benvenuto a casa tua» dice Renzi invitando a parlare il sindaco di Firenze Dario Nardella. «Io sono un sindaco del Pd. Ma qui alla Leopolda non ci sono avversari: gli avversari andate a cercarli nella destra sovranista di Salvini» gli risponde Nardella. Il sindaco è arrivato con la giunta quasi al completo: Cristina Giachi, Stefano Giorgetti, Federico Gianassi, Sara Funaro, Tommaso Sacchi, Andrea Vannucci, Cecilia Del Re.
La coda per entrare inizia già alle 16. Alle 20 si chiudono i cancelli: tutti gli spazi (compresi quelli per la cena) sono strapieni. Ci sono dirigenti comunali e big delle imprese che pregano per un pass. Renzi twitta: «Scoppia di gente, è bellissima». Alle 21 l’ex premier fa un ingresso da star, tra due ali di fan scatenati, mentre suona Natural degli Imagine Dragons. Il ritorno alla sua natura, insomma.
«Siamo vivi», esordisce l’ex sindaco-premier dopo il bagno di folla immortalato da spidercam piazzate sul tetto. La scena è tutta sua: «C’è un popolo che non ha paura di dire quello che pensa, che è forte quando le cose vanno bene ma anche quando vanno male: amici della stampa, questo popolo c’è. E se non fate i conti con questo popolo, è un problema vostro, non nostro. Qui c’è gente che vuol fare politica perché non ne può più del populismo». Renzi ricorda Tiberio Barchielli, il suo fotografo dei giorni a Palazzo Chigi, a cui viene dedicata una mostra alla Leopolda; cita Raffaele Cantone, poi un accenno al governo: «Lo abbiamo fatto partire un mese fa, se lo fai cadere subito ti ricoverano per schizofrenia: nessuno di noi lancia ultimatum ma non capire la differenza tra idee e ultimatum, è populismo». Infine porta sul palco quattro ragazze, tutte appena uscite dal Pd per entrare in Italia Viva, a fare da conduttrici, prima di lanciare il collegamento con la comandante curda di Kobane, Nasrin Abdalla, lungamente applaudita: «Noi siamo contro l’aggressione turca, di un Paese della Nato che sta dimenticando i valori fondativi della Nato». Nardella annuncia: «Ritorneremo a sostenere i sindaci curdi, per la ricostruzione delle scuole, come abbiamo già fatto».
Oggi si parlerà del programma,
Presenze
La giunta fiorentina è quasi al completo, in platea anche i segretari Pd Bonafè e Piccioli
Attese
Una coppia: «Renziani da sempre, ma per venire qui aspettavamo che uscisse dal Pd»
sarà presentato il simbolo votato online. Renzi ribadisce che «le Regionali non sono all’ordine del giorno», ma fatica a tenere a bada i consiglieri che vogliono far nascere gruppi nei Comuni (il prossimo sarà a Scandicci, mentre anche Marco Baldacci, vicesindaco di Santa Croce sull’Arno, lascia il Pd per Italia Viva). D’altra parte, Renzi definisce la Leopolda una «cantera», un vivaio (e gli aderenti «vivaisti»). L’ex premier sa che la strada è ancora lunga per costruire un partito, attecchire nei territori, dotarsi di organizzazione ed eletti. Lo sa anche Alexander Marchi, suo assistente e comunicatore: «Ci vuole tempo». Lo sa Nicola Danti, europarlamentare fiorentino eletto nel Pd pronto a diventare il primo «vivaista» a Bruxelles. Ma questo sembra il momento che in tanti hanno aspettato. Quelli che l’anno scorso chiedevano a Renzi di lasciare il Pd ora sono qui a celebrare la scelta fatta. E non solo: «Noi siamo renziani della prima ora, ma è la prima volta che veniamo: aspettavamo che uscisse dal Pd già dal 2016», dice una coppia di Viterbo. Le assenze dell’ex Giglio Magico (a partire da Luca Lotti) pesano meno del previsto, mentre la presenza dei segretari Pd regionale e cittadino Simona Bonafè e Massimiliano Piccioli è diplomazia in vista del futuro. Strette di mano, baci, abbracci. «Ehi, io sono nel Pd, eh, sono qui per gli amici» dice Bonafè. «Qualcuno doveva pure restare», gli risponde un senese. C’è naturalmente il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, renziano rimasto nel Pd e aspirante candidato governatore, e il consigliere regionale Stefano Scaramelli.