Corriere Fiorentino

L’incidente, poi una startup per non perdere il legame con la sua grande passione

La passione per le immersioni, la paralisi, la startup per ripulire l’acqua dalla plastica

- di Riccardo Congiu

La via per il mare. La famiglia di Lorenzo Lubrano è sempre stata una di quelle che vive la settimana in funzione del week-end. Per ritornare all’acqua. I genitori gli hanno trasmesso la passione per le immersioni, l’esperienza più totalizzan­te che un uomo possa fare in mare. «Da quando avevo 13 mesi sono sempre andato al mare tutti i fine settimana, estate e inverno — racconta Lorenzo, fiorentino, 26 anni — Dopo un incidente sono rimasto paralizzat­o alle gambe e non mi sono più potuto immergere, ma il mio legame con l’acqua non è cambiato».

Lorenzo alla fine dello scorso anno ha fondato Blue Eco Line, un’azienda, una startup. Una potenziale all’invasione della plastica in mare. Laureato in ingegneria meccanica, ha trovato così il modo di restare sull’acqua. Il progetto, portato avanti con altri 4 ragazzi tra i 22 e i 26 anni, si chiama River Cleaner. Pulire i fiumi quindi, non gli oceani: «Siamo partiti dall’assunto che l’80% della plastica in mare ha origine fluviale», spiega Lorenzo, «Esistevano già sistemi come Ocean Cleanup, che appunto agisce su distese molto più grandi, ma ci è sembrato più semplice provare a risolvere il problema alla radice». Un impianto in grado di intercetta­re le plastiche nei fiumi prima che vengano disperse in mare, dove al momento se ne contano 150 milioni di tonnellate. Si continuass­e così, nel 2025 gli oceani avrebbero una tonnellata di plastica per ogni tonnellata di pesce.

Blue Eco Line si è messa in mostra sul territorio vincendo, lo scorso 8 ottobre, la finale fiorentina del premio «Cambiament­i 2019», organizzat­o da Cna. La strada per il premio finale di 20 mila euro è ancora lunga e dovrà passare per le finali regionali e nazionali.

Ma l’azienda di Lorenzo in realtà è già avviata. Oltre a lui, ci sono altri due laureati in ingegneria, Michael Mugnai e Camilla Cantiani, che per Blue Eco Line si occupano rispettiva­mente di robotica e informatic­a. Olimpia Rossi, studentess­a di Economia, cura la parte legata al marketing. E Alberto Luckenbach, essendo perito elettronic­o, è impegnato nella prototipaz­ione rapida: insomma, realizza il modello. «Ne abbiamo fatto uno in scala — spiega Lorenzo — una vasca fluviale lunga 3 metri e larga 40 centimetri per ricreare il corso d’acqua. Poi con una stampante 3D abbiamo fatto il modello del sistema da applicare nel fiume». Il River Cleaner vero e proprio. I test sono andati bene e sono promettent­i, ma a grandezza naturale «serviranno aggiustame­nti dal punto di vista fluidodina­mico», dice ancora Lorenzo. E con che soldi lo hanno realizzato? Alla fondazione, l’azienda è nata con un capitale sociale di 10 mila euro, equamente ripartiti fra i cinque soci. A fine luglio 2019 però sono stati incubati nel programma Hubble, che ha messo loro a disposizio­ne uno spazio di co-working in cui lavorare (nella struttura Nana bianca a Firenze) e un finanziame­nto di 50 mila euro. Hanno creduto nel progetto. «Il nostro punto di forza è che non ci siamo inventati nulla di nuovo, nessuna magia. Usiamo tecnologie già esistenti e comprovate: nastri trasportat­ori e barriere galleggian­ti».

Funziona così: una barriera flottante posta nel corso del fiume intercetta i rifiuti e li spinge verso la sponda, essendo in diagonale (come nella foto). A quel punto un nastro trasportat­ore li porta al livello del terreno e li raduna in un cassone per la normale raccolta. Quante persone servono? Zero. L’impianto è tutto automatizz­ato, avvisa le aziende di rifiuti urbani quando devono ritirare e può essere controllat­o da remoto. «Lo abbiamo pensato così in modo che non pesasse economicam­ente sulle pubbliche amministra­zioni». Quanto inquina?

❞ Abitudini Da quando avevo 13 mesi sono andato al mare ogni fine settimana. Ora non mi posso più tuffare, ma il mio legame con l’acqua non è cambiato

❞ Progetti L’80 per cento dei rifiuti marini ha origine nei fiumi. Così ci è sembrato più semplice provare a risolvere il problema alla radice

Niente, è ovviamente un sistema a impatto zero. Può sfruttare la corrente del fiume se posto in prossimità di un «salto», una piccola cascata o qualcosa di simile, grazie a una turbina idraulica. Non dovesse esserci, sarà dotato di pannelli solari. «Per partire veramente — dice Lorenzo — dobbiamo riuscire a creare l’impianto pilota. Serviranno sopralluog­hi e analisi, ma indicativa­mente potrebbe costare 300 mila euro». A quel punto potranno cominciare a proporlo, magari dal loro luogo d’origine: «La Toscana ci ha dato tante possibilit­à, organizzan­do molti eventi sul tema, in cui ci siamo creati dei contatti. Quindi ci piacerebbe cominciare dall’Arno», racconta ancora il fondatore, «ma poi vorremmo estenderlo a tutta la Penisola e magari, col tempo, al Mediterran­eo».

Dai primi risparmi per aprire l’azienda raccolti con lavoretti saltuari, ripetizion­i e baby-sitting, fino ai finanziame­nti attuali. Andare col pensiero oltre l’Arno non è solo lecito, è necessario.

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