Renzi a Nardella: quando vieni con noi? Ma lui: resto qui, la sfida è sui temi
«O Dario, ma te quando vieni con noi?». Venerdì sera, primo giorno della Leopolda. Dario Nardella è appena arrivato nel backstage e, dopo i saluti e gli abbracci con Matteo Renzi, Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi, il leader di Italia Viva infrange subito il grande non detto della presenza del sindaco. Scherza Renzi, ma fino ad un certo punto. E lo dimostra poco dopo, quando dal palco dice: «Dario, benvenuto a casa tua».
A questi richiami della foresta pubblici e privati, Nardella risponde sempre nello stesso modo: «Sono e resto un sindaco del Pd». Ma subito dopo il messaggio a Renzi e ai renziani di Italia Viva, arriva come in uno schema prefissato quello al suo partito: «Gli avversari non sono qui, sono Salvini e la destra». Non è solo il tentativo di mantenere il difficile equilibrio di chi si trova a fare il sindaco nella città più renziana e per conto del Pd (ancora) più filo-renziano d’Italia.
Il sindaco è convinto che l’atteggiamento di molti compagni di partito verso Italia Viva sia profondamente sbagliato. Anzi, gli atteggiamenti. Perché non gli è piaciuto l’invito di Enrico Rossi a disertare la Leopolda e non capisce dove possa portare il silenzio ostile e il «gioco di rimessa» del segretario Nicola Zingaretti, ma neanche condivide la decisione di non partecipare — pur dichiarando rispetto e attenzione per la kermesse — presa da «Base Riformista», la corrente dei renziani rimasti nel Pd guidata da Luca Lotti. Tanto che lui venerdì scorso non si è limitato al «saluto da sindaco» che aveva annunciato, ma dal palco ha aggiunto: «Siamo qui per confrontarci, per parlare di contenuti, idee, fatti, progetti». Parole che ai leopoldini sono piaciute: accolto in modo non caldissimo per essere «un veterano della Leopolda», come si è definito, il sindaco ha lasciato il palco tra applausi convinti.
È la quarta via di Nardella davanti alla sfida al Pd lanciata da Renzi. Da qualche giorno il sindaco ne parla con una certa frequenza con assessori e compagni di partito. Il senso del suo ragionamento è questo: se il Pd pensa di fare una specie di resistenza passiva al rinnovato movimentismo di Renzi, si farà del male; il Pd deve rilanciare, fare battaglie su temi concreti e chiedere a Italia Viva di condividerle. Non solo. Il sindaco considera miopi molte delle risposte che arrivano dal suo partito alla nuova creatura renziana anche in chiave alleanze. A partire dalle Regionali del prossimo anno. «Il Pd da solo non ce la fa a vincere, né a livello nazionale né in Toscana: non basterà nemmeno l’alleanza con quello che c’è alla nostra sinistra — spiega un nardelliano doc — E poi, anche nei Comuni che già governiamo, che senso ha ghettizzare i renziani che hanno fatto la scissione? Così facendo non ci si può sorprendere se poi fanno i loro gruppi consiliari contro di noi e non per collaborare con noi...».
È una linea, quella del sindaco, che sta facendo breccia nel Pd toscano. A dimostrarlo sono le aperture arrivate ieri sia da renziani che da zingarettiani alla possibilità che Italia Viva presenti una sua lista alle Regionali in coalizione coi Democratici. Il problema è che il Nazareno sembra seguire tutt’altro spartito. «Ancora, dopo 10 anni, non hanno capito chi è Matteo», dice un nardelliano assai sconsolato.
Messaggio a Zingaretti Il sindaco è convinto che il Pd sbagli a boicottare il nuovo partito renziano perché nei Comuni e in Regione ci sarà bisogno di alleati