I NOMI? CONTANO PIÙ DEI NUMERI
Dopo lo tsunami umbro forse un po’ di sangue freddo e di realismo non guasta per guardare alle prossime elezioni in Toscana. I dati da cui partire sono gli ultimi disponibili, anche se è trascorsa l’era geologica di ben sei mesi dalle europee, che a tavolino avrebbero consegnato la Regione al centrodestra, forte di oltre il 42%: una percentuale che assicurerebbe la vittoria al primo turno, lasciando il Pd al pur pregevole 33% e gli eventuali potenziali alleati complessivamente al 5-6%. Difficile pensare, oggi, ad un riequilibrio interno alle coalizioni: Forza Italia potrà forse cedere qualcosa del suo 5,8%, ma la prevedibile crescita di Fdi assorbirebbe il colpo. Lo stesso potrebbe valere per il centrosinistra, dove Italia Viva sembra più destinata a erodere i voti dei Democratici che a conquistare quote considerevoli di moderati, in Toscana già a suo tempo attratti da Renzi e da un Pd che è stato il più renziano d’Italia. Al netto di eventuali flessioni rischiano di essere irrilevanti i voti M5s che si attestarono al 12,6%: se ne parlerà per un eventuale ballottaggio. C’è però qualcosa di diverso dalla matematica che può mutare un quadro di apparente stallo.La differenza potrebbero farla gli uomini o le donne che si candideranno alla guida della Regione. Ma di questo i partiti sembrano non accorgersi. Il centrosinistra si attarda nel decidere il nome del proprio campione, aggrovigliandosi sulle modalità di tale scelta. Eugenio Giani l’altro ieri ha incassato il via libera di Dario Nardella: chi ancora si oppone all’investitura del presidente del Consiglio regionale dovrebbe assumersi la responsabilità di uscire allo scoperto e spiegare i motivi del no invece che continuare a cercare nell’ombra nomi alternativi. Il tempo stringe. Anche per un centrodestra che pare occupato soprattutto a misurare i diritti di prelazione dei partiti che lo compongono. Il risultato dell’Umbria ha ridato forza alla candidatura di Susanna Ceccardi in modalità Salvini, anche se la pasionaria leghista potrebbe trovare un ostacolo di non poco conto nell’ostilità di Firenze, memore delle sue sortite contro Peretola (e pro-Pisa). E proprio ieri Giorgia Meloni (FdI) ha avanzato il nome del giornalista di Mediaset Paolo Del Debbio (lucchese) come presidente perfetto. Una situazione di incertezza in cui i due schieramenti rischiano di perdere il biglietto vincente. Perché saranno i candidati a fare la differenza. Anche nelle urne.