Sotto la pensilina, come a teatro Il cantiere è immobile da luglio
Teli e tubi erano stati sistemati dopo il crollo. È rimasto tutto così
Il passeggero scende dal treno, esce dalla stazione e entra in un teatro. L’uscita di Santa Maria Novella, con i tendoni bianchi dei cantieri della pensilina, ricorda un palcoscenico con un complesso sistema di quinte attraverso cui i viaggiatori, come degli attori, entrano ed escono di scena. Ma la beffa è che i cantieri sono vuoti, gli operai non ci sono, nulla si muove. Oltre quattro mesi dopo il crollo di un pezzo di pensilina — il caso successe la notte tra il 25 e il 26 luglio — l’unico progresso è stato che tubi innocenti e impalcature sono stati ripensati per evitare che occupassero anche un pezzo di strada.
Così, due lati della stazione del Michelucci sono inutilmente oscurati da 133 giorni, mentre i passeggeri passano sotto gli stretti archi per andare verso la tramvia, imboccare il sottopassaggio o aspettare il taxi. Tra un tendone e l’altro ci sono degli stretti scorci che ancora permettono di vedere una delle voragini nel soffitto della pensilina: è ancora identica a quel 26 luglio, nessuno è intervenuto, ci sono state solo ispezioni. La versione di Grandi Stazioni, la società delle Ferrovie dello Stato che gestisce Santa Maria Novella, è che le 19 settimane che sono trascorse dal crollo sono servite per fare «i rilievi e le indagini per capire dove e come intervenire» e per «predisporre il progetto». Che ora è stato «sottoposto alla Soprintendenza. Una volta che avremo parere positivo, inizieremo con le attività di cantiere».
Il problema è che le voragini, che si aprirono all’una di notte, a stazione vuota e senza che per fortuna i calcinacci colpissero qualcuno, non sono l’unico punto da riparare. Il crollo ha fatto emergere una debolezza strutturale dei controsoffitti in un perimetro lungo 140 metri.
Così, tra i tendoni bianchi che coprono le impalcature, la visuale è spesso interrotta. Di giorno, il problema si limita alle uscite che si trasformano in imbuti quando la folla è numerosa. Di sera, quel palcoscenico di quinte teatrali finisce invece per spaventare i viaggiatori soli, che, quando passano tra le impalcature, non possono vedere oltre pochi metri e si trovano nella condizione di temere che dietro uno di quei tendoni si nascondano malintenzionati. Lo stesso problema di prospettiva riguarda anche i militari antiterrorismo, quelli che dovrebbero difenderci da eventuali attacchi a sorpresa e che sono invece confinati in un recinto da cui non possono scorgere né l’interno della stazione, né la piazza.
E, dopo quattro mesi e mezzo, i lavori non sono neppure partiti, né è ancora chiaro quando partiranno. Tenuto il conto dell’enorme fronte di pensilina da mettere in sicurezza, il rischio è che i tempi per il ritorno alla normalità diventino lunghi, lunghissimi.