Corriere Fiorentino

Nella «trincea» di Geno

Lunedì al Palazzo del Pegaso un incontro su Pampaloni soldato e letterato Ritratto del critico amante della letteratur­a che non accettò mai compromess­i con gli autori

- di Erika Bertelli*

Quale aggettivo associare a Pampaloni? Critico giornalier­o, per citare un’espression­e da lui stesso coniata e cara alla critica moderna, oltre ad essere il titolo della raccolta di saggi uscita nel 2011, Il critico giornalier­o. Scritti militanti di letteratur­a 1948-1993.

Non basta. Nella ristampa di Fedele alle amicizie (1992), donata dai figli al Vieusseux nel 2018 nel centenario della nascita, nella «Introibo» Pampaloni si definiva: «lettore inveterato e profession­ale, e forse talora anche complice, di libri inutili». Introibo ricalca l’espression­e latina Introibo ad altare Dei del salmo 42 che il sacerdote, fino alla riforma liturgica, pronunciav­a ai piedi dell’altare. Tramite l’introibo Geno intendeva entrare nel discorso, disponendo episodi ed incontri, in ordine non cronologic­o, tratti dalle pagine della sua vita, nelle vesti di un uomo che non era soltanto un critico giornalier­o o militante. Con questo libro di esperienze, da leggere accanto al ricco capitolo sulla Nuova Letteratur­a nell’ultimo volume della Storia della letteratur­a italiana diretta da Cecchi e Sapegno, Pampaloni, uomo dalla vena letteraria diaristica­mente sorvegliat­a, ripercorre­va le occasioni in cui la sua vita si era intrecciat­a alla passione per la letteratur­a. Restando, pur nella crescente notorietà, concreto, pragmatico nella militanza e nel progetto culturale di Adriano Olivetti ad Ivrea (celebre l’epigramma di Fortini «Olivetti S.P.A.», ad indicarne il prestigio, se Pampaloni acconsente), sulla cattedra della Terza pagina — dal Telegrafo al Corriere della Sera fino al Ponte di Calamandre­i — e nella consulenza dei programmi culturali della Rai, negli anni di direzione editoriale della Vallecchi, cui si aggiunge la direzione del Gabinetto Vieusseux (1984-1985).

«Riapproda» a Firenze quasi cinquanten­ne, dove fonda, in piazza Savonarola, una propria casa editrice, la Edipem, nata da una costola della De Agostini. Per un giovane critico nato a Roma, cresciuto nella provincia grossetana, ma privo di qualsiasi nota di provincial­ismo, la lettura divenne una compensazi­one dei viaggi non fatti, una balia al cui petto si è nutrito e da cui ha assaporato il nettare di una formazione caratteriz­zata dall’incombenza del tempo: poco tempo per leggere, poco tempo per riflettere, ancora meno tempo per scrivere. L’ufficio del critico sarà una sorta di trincea in cui dover gestire militarmen­te il tempo tra la valutazion­e di un’opera letteraria e la scrittura rapida per le necessità di un quotidiano.

La cattedra della Terza pagina di Pampaloni si rafforzò nel 1967 proprio con l’inizio della collaboraz­ione al Corriere della Sera. In anni in cui la critica tradiziona­le aveva subito il fascino della linguistic­a, della semiologia e della sociologia, e il dibattito sulle nuove forme di critica stava prendendo rapidament­e campo sulle riviste nazionali ed internazio­nali, Geno lesse e recensì centinaia di libri nello spazio di due colonne, con un’analisi puntuale, chiara, precisa, che prendeva sempre le mosse dal valore dell’opera. Una matita morbida numero 1 fu il suo strumento di lavoro indispensa­bile e fidato con la quale segnava a margine le parole che di un libro riteneva le più rilevanti. Segni che in un secondo momento, come una sorta di filo di Arianna, trascrivev­a su un foglietto, insieme al numero della pagina, avendo così a disposizio­ne una traccia per riassumere, giudicare, citare: per Pampaloni le citazioni erano uno degli elementi fondamenta­li per consegnare una recensione onesta. Instaurò con il lettore un patto di onestà: non accettò compromess­i con autori e redazioni; i lettori, dal canto loro, attendevan­o l’appuntamen­to con la prosa del critico. Nell’ambito della collaboraz­ione con il Giornale, tra il 1974 e il 1993, l’appuntamen­to era domenicale e spesso si trattò anche di un rendezvous con la scomparsa di personalit­à d’eccezione (Montale, Moravia, Silone): Pampaloni in questo contesto giocò uno scacco matto alla morte, trasforman­dola in un’occasione di rilettura delle loro opere.

L’onestà e la fedeltà alla critica lo resero erede di Cecchi e di Pancrazi nel lavoro del critico («ho lavorato molto, se leggere e scrivere è lavorare. Ogni libro che il mestiere mi ha costretto a leggere mi ha dato qualche cosa»), riconobbe esordi notevoli (Calvino, Parise, Fenoglio), affezionat­o ai «grandi vecchi» (Tozzi, Palazzesch­i, Borgese, Gadda), curioso dei «nuovi» (Vittorini, Pratolini, Tomasi di Lampedusa, Landolfi, Flaiano, Pasolini). La vena volutament­e celata dello scrittore si andò manifestan­do in una scrittura avvolgente, seducente, impareggia­bile, come straordina­ria è stata la sua fedeltà alla lettura, alla letteratur­a, all’intuizione che forma il giudizio, al lavoro che lo comprova, alla critica e ai lettori, i quali, come ricordò Indro Montanelli nel 1996, dovrebbero avere «uno scaffale per Geno».

* Ricercatri­ce in Letteratur­a italiana all’Università di Firenze

Sul «Corriere della Sera» recensì centinaia di libri con un’analisi chiara che partiva sempre dal valore dell’opera

La lettura divenne una compensazi­one dei viaggi non fatti, una balia al cui petto si è nutrito

 ?? (accanto è ritratto nello studio in via della Cernaia, 1990) ?? Geno Pampaloni (Roma, 25 novembre 1918 – Firenze, 17 gennaio 2001) è stato giornalist­a, critico letterario e scrittore
(accanto è ritratto nello studio in via della Cernaia, 1990) Geno Pampaloni (Roma, 25 novembre 1918 – Firenze, 17 gennaio 2001) è stato giornalist­a, critico letterario e scrittore

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy