Corriere Fiorentino

La Toscana dei borghi che resistono

In montagna o sulle isole, le storie di 24 piccole comunità contro lo spopolamen­to

- Fatucchi, Semmola

C’è chi è partito in 4, come i mitici 4 amici al bar, ed ha già portato 30 turisti al giorno nell’ultimo Comune della Toscana. Chi invece ha già coinvolto 85 dei 300 abitanti e ha in ponte di usare gli utili del ristorante-hotel abbandonat­o e da loro fatto rinascere per portare un negozio di alimentari che manca nel borgo. E tra recupero di oliveti abbandonat­i e nuovi musei del ghiaccio, c’è un mondo di nuove iniziative nei 4 angoli più sperduti della Toscana che nascono dagli abitanti di paesini che si stanno spopolando. E che sperano invece di restare borghi vivi, «resilienti e resistenti». Grazie alle cooperativ­e di comunità.

Il primo esempio, l’idea di ripeterlo

Se il capostipit­e di questa esperienza delle cooperativ­e di comunità è Monticchie­llo, il «volano» per lanciare altre esperienze è arrivato dai fondi regionali. Una scommessa: la Regione ha dovuto aumentare di volta in volta i fondi, in corso d’opera, perché gli sono arrivati via e via altri progetti. Ora sono 24, quelli finanziati, sono già arrivati 28 assunzioni. È stato previsto un nuovo bando da 740 mila euro (dopo il milione e duecentomi­la euro già erogato) con contributi fino a 50 mila euro. Questa volta, oltre alle aree montagne ed agricole spopolate, si possono presentare progetti anche nelle aree urbane, in zone disagiate e periferich­e. Perché riscoprire il concetto di «comunità» vale per ogni luogo dove c’è un problema di coesione sociale, ricorda l’assessore regionale alla Presidenza Vittorio Bugli: «Abbiamo visto che in questi territori servono anzitutto “motori pensanti” e queste cooperativ­e lo sono, perché da un progetto ne possono nascere altri, grazie proprio all’entusiasmo, la capacità, la preparazio­ne e l’intelligen­za di chi vi lavora».

Il pescherecc­io ricomparso

All’Isola del Giglio, 1.100 abitanti ufficiali, d’inverno 700 divisi in tre borghi, «non c’era più nessun pescatore, nessuna barca partiva dal porto». Ed allora la cooperativ­a lanciata e spinta da Don Lido ha pensato anche a quella. Il progetto è partito da un ex asilo ormai vuoto, sede a Castello e dove si è cominciato a fare «ostello per scout, turismo religioso, e non solo» spiega la direttrice Lisa Cameron Smith. Il secondo obiettivo è l’agricoltur­a, «per creare lavoro non strettamen­te legato al turismo». E così si è iniziato a coltivare «la pesca sanguigna e il cavolo torso». Poi, hanno cercato di recuperare oliveti incolti e hanno acquisito un piccolo frantoio: «Anche se la burocrazia ci ammazza». Ma sono già 50 soci, «e dobbiamo creare nuove strade».

Un pulmino per turisti e residenti

Nel «centro» di Fivizzano, Comune ai limiti della Toscana dove i borghi sono 94, è nato un «albergo diffuso» dalle case abbandonat­e dagli ex residenti. Con i fondi della Regione, spiega Raphael Nanti, è stata acquisita la «hall nella piazza Medicea, che per legge deve essere non più lontana di 500 metri delle case. L’obiettivo, per questo centro storico dove vivono solo 200 persone, è coinvolger­e anche le altre 84 case vuote». Ma nel progetto di questa cooperativ­a (una delle due di Fivizzano) ci sono anche «mostre d’arte, la Casa di Babbo Natale con prodotti tipici». Tutti e quattro i soci sono volontari, «siamo partiti questa estate, ma la risposta è stata assolutame­nte positiva». Prossimo obiettivo: avere almeno un appartamen­to «in ognuno dei 94 borghi» (e infatti il progetto si chiama Albergo diffuso 100 borghi) e acquistare una licenza Ncc ed un pulmino: «Certo, per i turisti: ma anche per i residenti, il problema del trasporto pubblico qua è importante», soprattutt­o per gli anziani.

Un emporio ed un museo del ghiaccio

Pracchia ha due stazioni ferroviari­e: una enorme, ci passava fino agli anni 30 tutto il traffico merci della fabbrica Smi e tutti i passeggeri tra la Toscana e l’Emilia. Ed una più piccola, che serviva per i 3 mila dipendenti delle valli vicine. Chiusa la Smi, andato in crisi tutto l’indotto, la prima è largamente vuota, la seconda «sta crollando, la linea è stata cancellata» spiegano Valerio Marchioni e Patrizia Magni della Cooper Pracchia. Primo progetto: un emporio polivalent­e per dei 150 abitanti (erano 800, 30 anni fa), dove lo Spi Cgil fa anche patronato «e si danno servizi agli abitanti». Poi, usare parte dell’inutilizza­ta stazione ancora attiva dove fare «un bar pizzeria, poi servizi anagrafici e un “museo del Ghiaccio”, attività storica che caratteriz­zava il territorio». E in quella abbandonat­a «un centro trekking, qui passa la dorsale del percorso appenninic­o».

Una grande sfida, tante sfide

Recuperare tutto il percorso delle sorgenti a Vivo d’Orcia, e pure l’incubatore di trote. Continuare a far funzionare il vecchio albergo a Petronio, e con quei fondi creare uno spaccio alimentare (in tutto il borgo restano solo un bar, una parrucchie­ra e un meccanico tuttofare): «Qui è stato un record che l’anno scorso ci fossero due nati», racconta Lorenzo Chiani. A Cinigiano è partito la cooperativ­a Biofan per l’uso della castagna locale e 12 famiglie hanno deciso di restare. A Fabbriche di Vergemoli, oltre al ristorante dedicato alla prima presidente scomparsa («Cucina da Ro’»), ci si occupa anche della pulizia delle strade, spiega il sindaco Michele Giannini con Camilla Baccelli della cooperativ­a. Tutte «sfide di impresa», i conti devono tornare. Anche i residenti, però: l’obiettivo è che tornino pure quelli, assieme ai turisti, attirati magari — come a Chiusi della Verna — dai Tortelli della Lastra, fatti con prodotti bio prodotti dalla cooperativ­a.

L’assessore «In questi territori servono “motori pensanti” e queste realtà lo sono» La direttrice «Dobbiamo trovare lavoro fuori dalla monocultur­a del turismo»

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Uno squarcio di Petroio, uno dei borghi del progetto
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In alto gli abitanti di Verni, borgo nel comune di Gallicano (Lucca) riuniti. Sopra la mappa dei 24 borghi anti spopolamen­to

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