Se il governo ferma-Salvini finisce per spingere Salvini
Il governo giallo-rosè è nato al grido «fermiamo Salvini». Pochi mesi dopo, Pd e Italia Viva sembrano travolti da alcune iniziative del M5S. E Salvini può vincere in EmiliaRomagna e in Toscana.
Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobottega) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva
Non giustappunto una mera alleanza di governo, sulla quale già in molti, compresi noialtri che veniamo accusati sovente di pessimismo cosmico (e non solo perché seguaci di Emil Cioran, ma perché convinti che il realismo apocalittico sia migliore dell’illusione) avevamo avuto di che ridire; non giustappunto, si diceva, una mera alleanza di governo ma addirittura una «casa comune» fra Partito democratico e Movimento 5 Stelle.
Tutto un fiorire di teorie sulla romanizzazione dei barbari e l’altolocata presenza di Luigi Di Maio agli Esteri — Pomigliano d’Arco, in effetti, appare un po’ fuori mano —, tutto un rilanciare gustose dichiarazioni su quanto sia cambiato il M5S e quanto sia bello il M5S e quanto sia sobrio il M5S.
Al che arriva Matteo Renzi, sempre lui, che liquida i vari #senzadime che avevano accompagnato i renziani ogni volta che D’Alema apriva le danze del compromesso astorico e dice che il Paese ha bisogno di responsabilità, che va salvato, che non bisogna andare al voto, perché «altrimenti vince Salvini», il ritornello degli ultimi tre-quattro mesi di vita politica in Italia.
Sicché il governo si fa e del tutto casualmente Renzi dopo poche settimane fonda il suo partito, Italia Viva, che oggi annaspa nei sondaggi senza riuscire a schiodarsi dal 5 per cento o poco più, tallonato da Carlo Calenda che ha a sua volta fondato un altro partito dopo essere uscito dal Pd (con la differenza, non secondaria, che Calenda ha sempre detto che questo governo era per lui come la Corazzata Potëmkin per Fantozzi).
Insomma, insomma tutti avevano investito in questo governo come fanno quelli che hanno una crisi di mezza età: c’è chi si compra una moto, e chi fonda un partito. Chi la chitarra, in omaggio ai bei tempi che furono, e chi cerca di egemonizzare il suo partito con la corrente dei responsabili.
Il risultato è che il Pd e Italia Viva si sono fatti travolgere su questioni non secondarie per la democrazia rappresentativa e per l’ordinamento della giustizia. Il centrosinistra ha votato il taglio del numero dei parlamentari, si trova con un ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede ma con pochissima buona fede, che ha costruito la riforma che introduce una nuova prescrizione e il «fine processo mai», un capolavoro di populismo giudiziario.
Ha sperimentato l’alleanza in Umbria ricevendo in cambio una cenciata pazzesca, che sarebbe arrivata -— va detto — anche se al posto dell’imprenditore candidato dal Pd e Cinque Stelle avessero messo Batman in persona (d’altronde, questi sono i tempi del Joker di Cristopher Nolan: «Se introduci un po’ di anarchia... Se stravolgi l’ordine prestabilito... tutto diventa improvvisamente caos. Sono un agente del caos. E sai qual è il bello del caos? È equo»).
Ogni settimana c’è un dibattito assurdo che porta via risorse e tempo a cosa più importanti. Quello sul Fondo Salva Stati è esemplare: una vicenda di cui gli stessi politici contrari alla riforma del Mes non conoscono niente, consapevoli che tanto il merito delle cose non sia più importante, perché l’importante è far casino.
Sono nate, nel frattempo, le sardine anti salviniane, che da due settimane sono in tv esattamente come gli altri, per la soddisfazione del circo mediatico che aveva bisogno di carne fresca dopo mesi di stanca. Salvini è sempre lì, punta all’EmiliaRomagna e alla Toscana, dove magari non vincerà ma apparecchia futuri successi al grido di: «Tonno subito».
❞
Pd e Italia Viva si sono fatti travolgere su temi come la giustizia e la democrazia rappresentativa