Gavron, diciotto frustate e una speranza
Oggi lo scrittore israeliano a Firenze col nuovo romanzo: scrivo la forza dell’amore
Assaf Gavron ha scritto un romanzo particolare nel quale si fondono memoria e presente, Shoah e vita quotidiana, Storia e storie di personaggi, amori e odi.
Lo ha fatto in Le diciotto frustate, un lavoro col tono del giallo intinto in una sterminata cultura letteraria. Il romanzo, edito da Giuntina, si presenta oggi 18,30 alla Comunità ebraica di Firenze (via Farini, 8) con la scrittrice Laura Forti e Shulim Vogelmann. La storia ruota attorno alla figura del tassista Tanin, pugile dilettante e provetto investigatore privato, che incontra sul lavoro Lotte Pearl, anziana signora dalla vita affascinante. C’è un giallo, da risolvere. Ma oltre non si può dire, perché il romanzo è davvero sorprendente. Gavron, un intellettuale di punta di Israele, conosce molto bene l’Italia. «Il mio primo ricordo dell’Italia risale a quando avevo 17 anni. Io e mio fratello abbiamo attraversato l’Europa in bicicletta, da Israele in Inghilterra. Abbiamo preso un traghetto dalla Grecia ad Ancona e poi Assisi, Firenze, Pisa, Genova fino in Svizzera. — dice — Mi sono anche sposato in Toscana, a Certaldo, io e mia moglie volevamo un matrimonio civile e non religioso e in Israele i matrimoni civili ancora non esistono. E in quanto scrittore sono contento di venire in Italia perché — a parte il cibo fantastico — c’è sempre una grande curiosità da parte dei lettori italiani, un desiderio sincero di ascoltare e leggere storie di mondi distanti». Se il romanzo è di chi se lo legge, Gavron spiega che«uno dei messaggi principali delle diciotto frustate riguarda l’amore; di come possa superare ostacoli enormi quali il tempo (gli anziani protagonisti del romanzo hanno trascorso sessanta anni senza vedersi, eppure la loro passione non si è stemperata), la distanza geografica e le differenza culturali. Poi, la vicenda che racconto ci mostra quanto possa essere pazza la Storia e come nasconda delle micro-storie eccezionali capaci di spiegarci le dinamiche politiche o sociali del tempo». Il libro «ci parla dei legami che si possono costruire tra persone diverse tra le quali possono nascere grandi sentimenti. Ma in generale, in questo mio romanzo più che un messaggio — cerco di evitare di affidare messaggi alla letteratura — ho provato a instillare una speranza. Lascio al lettore di scoprire quale. E un’ultima cosa, ho cercato di scrivere un romanzo divertente...». Come il ricordo del Festival di Mantova dove ho presentato il mio romanzo La collina davanti a quasi mille persone. Non mi è mai capitata una cosa del genere. Come in uno stadio».