RIPARTIRE DAI CONFINI
Fatti due passi nel 2020, Firenze inizierà a discutere del suo sviluppo nei prossimi 5 anni. A febbraio è infatti previsto l’inizio delle assemblee sul Piano operativo comunale, alias l’ex Regolamento urbanistico. Tra i punti di partenza fissati da Palazzo Vecchio c’è il fatto che ormai è sempre più difficile disegnare il futuro della città seguendo soltanto i suoi confini amministrativi. Eureka!, verrebbe da dire. Che ormai da tempo non abbia più senso pensare in termini strettamente comunali lo si tocca con mano negli spostamenti che ognuno di noi fa nella vita quotidiana. Ma governare con un orizzonte metropolitano «conviene» anche: il 50% dei fondi europei 2014/2020 per lo sviluppo regionale sono destinati alle aree urbane, dove peraltro hanno un impatto più forte rispetto a quello riscontrato sui distretti industriali, come ha spiegato uno studio della Banca d’Italia. Il problema è che fin qui la «Grande Firenze» è rimasta sulla carta, a cominciare — paradossalmente — dalla Città metropolitana, come hanno dimostrato gli scontri tra Comuni su stadio, aeroporto, termovalorizzatore. Le amministrazioni dell’area fiorentina — tutte governate, è bene ricordarlo, da forze di centrosinistra — hanno idee diverse persino su un obiettivo condiviso come la costruzione di una nuova moschea: ancora oggi, due anni dopo l’annuncio ufficiale, non si è capito se quello che dovrebbe sorgere a Sesto sarà il luogo di culto dei musulmani della Piana, come lasciò intendere a suo tempo il sindaco Lorenzo Falchi, o anche dei «credenti di altri Comuni come Firenze», come disse Dario Nardella. Forse la difficoltà di archiviare l’epoca degli iper-municipalismi nasce anche dal fatto che il confronto tra Comuni si concentra giocoforza sulle grandi infrastrutture, che hanno un impatto mediatico oltre che urbanistico e dunque hanno a che fare con il consenso di chi è sindaco non per grazia ricevuta ma perché ha preso le preferenze. C’è però tutta una serie di altre partite meno eclatanti, ma non meno importanti per la vita dei cittadini, che coinvolgono città diverse e che potrebbero essere il terreno su cui la Grande Firenze prova a muovere davvero i primi passi. Pensiamo a tutte quelle aree di confine tra Comuni che spesso, oltre alla loro posizione di frontiera, scontano pesantemente la difficoltà delle amministrazioni di coordinare progetti e interventi. Da Pontignale, a cavallo tra Firenze e Scandicci, all’Osmannoro, solo per citare due esempi: zone che hanno bisogno di un lavoro di ricucitura quasi marciapiede dopo marciapiede e di progettazione. Politica prima ancora che urbanistica.