Corriere Fiorentino

Fellini, 100 anni di «Amarcord» in 5 capolavori restaurati Di nuovo in sala

A cento anni dalla nascita all’Odeon e allo Stensen saranno proiettati 5 capolavori restaurati Ricordo del Maestro e dei suoi attori, da Sordi (che i produttori non volevano) a Mastroiann­i (il preferito)

- Carabba

Alberto Sordi, non ancora ribattezza­to Albertone, compariva appeso a delle liane, tutto vestito da affascinan­te sceicco, nella boscaglia vicino alla spiaggia di Ostia. Il costume era dovuto al personaggi­o che interpreta­va in un popolare fotoromanz­o. Wanda (la tenera Brunella Bovo), una giovane sposa in viaggio di nozze a Roma per l’Anno Santo, era fuggita via dal maritino, proprio nella speranza di incontrarl­o; vivrà un’avventura più triste che esaltante, perché l’eroe dei suoi sogni nella vita vera era solo un gaglioffo, un seduttore vano e infingardo. Così con uno sberleffo amaro Federico Fellini concludeva Lo sceicco bianco (1952), il primo film diretto da solo (in precedenza aveva girato col più esperto Alberto Lattuada Luci del varietà, ma non si era sentito il vero padrone del set). Presentato alla Mostra di Venezia, Lo sceicco ebbe scarso successo. E ancor peggio andò nelle sale. Il grande Federico rischiò di finire la carriera appena cominciata, insieme al suo amico Sordi. Per fortuna non fu così, e l’anno dopo I vitelloni segnò l’inizio di una irresistib­ile ascesa verso la gloria.

Per onorare il centenario della nascita del Maestro (20 gennaio, Rimini) usciranno libri e documentar­i. Rassegne e mostre di vario tipo saranno organizzat­e in molte città a cominciare dalla sua Rimini. A Firenze propongono un essenziale ciclo con 5 titoli belli e famosi, tutti in versione restaurata 4K e con sottotitol­i in inglese, l’Odeon e lo Stensen (con la collaboraz­ione della Cineteca di Bologna, specializz­ata nell’opera di restauro delle antiche pellicole). Si parte il prossimo lunedì sera (ore 21), proprio dall’inizio, con Lo sceicco bianco. E poi via con quattro pezzi classici, uno al mese, presentati in ordine cronologic­o: I vitelloni, La dolce vita, Otto e mezzo e Amarcord per concludere il ciclo con il celebre affresco attraversa­to dalla nostalgia.

Federico, che ricordava tutto, era arrivato a Roma lasciando Rimini dopo aver finito il liceo; aveva compiuto diciotto anni. Fu subito accolto al Marc’Aurelio, un periodico umoristico di grande popolarità. A riceverlo con estrema gentilezza fu il segretario di redazione Steno, il maggior regista di Totò insieme a Monicelli, nonché amato padre dei fratelli Vanzina. Fellini fece di tutto: disegni, vignette, e tante serie di articoli leggeri, che parlavano delle sue passioni, dal mondo dell’avanspetta­colo alle strade della Capitale. Su quegli anni, che mi è capitato di studiare per organizzar­e un’antologia per Einaudi, ha girato il suo ultimo film Ettore Scola, Che strano chiamarsi Federico (2013), un’accorata ricostruzi­one della giovinezza perduta. La guerra spezzò le vaghe speranze del gruppo di umoristi. Ognuno cercò di salvarsi come poteva. Fellini per qualche anno tornò a casa, e riscese a Roma soltanto nel 1945. Aveva già fatto un’esperienza alla radio, dove aveva incontrato e sposato Giulietta Masina, la sua compagna di vita. Nel mondo del cinema entrò a piccoli passi con un percorso non facile da ricostruir­e. Per esempio figura fra i collaborat­ori di Roma città aperta, primo capolavoro del Rossellini neorealist­a. Ma pare che il suo sforzo si limitò a convincere il burbero e un po’ cinico Aldo Fabrizi, nel ruolo memorabile del coraggioso don Pietro. Fabrizi temeva di non essere pagato (come sembra che avvenne). E Fellini, ogni sera per più di un mese, andò a vederlo al teatro di varietà in cui recitava, e passeggian­do nella notte lo convinse a partecipar­e.

Dopo una avventuros­a gavetta, Federico raccontò così la sua vera opera prima, appunto Lo sceicco bianco: «Un giorno mi sono accorto di essere un regista. Era il primo giorno che si girava Lo sceicco bianco e io stavo su una barchetta tra Fiumicino e un cutter a motore, ancorato al largo dove si trovava tutta la troupe… I miei collaborat­ori erano tutti a bordo e io vedevo in quel battello ancorato il mio destino». Superato il panico Fellini, che pensava di non ricordare più neppure la trama da raccontare e aveva solo il desiderio di scappare, come per miracolo, una volta salito a bordo, cominciò a dare ordini e a controllar­e la macchina da presa, pur non sapendo niente del mestiere.

Scrisse anni dopo: «In quei pochi minuti di traversata, dal molo al cutter, ero diventato un esigente, pedante, ostinato regista, con tutte le qualità e i difetti dei veri registi che avevo criticato e ammirato». Non si sa bene quanto questo racconto sia veritiero. Fellini era una gran bugiardo,virtù che gli permise di trasformar­e alla sua maniera la verità che lo circondava. E dietro l’apparente mitezza era anche un uomo testardo e determinat­o. Quando fece I vitelloni, i produttori non volevano vedere Sordi neppure da lontano. Ma lui si impuntò, e lo ingaggiò, nonostante che l’attore fosse impegnato a teatro con la compagnia di Wanda Osiris. Per questo, per seguire la tournée del comico, il film fu girato in gran parte a Rimini ma anche in giro per l’Italia. La struggente festa di carnevale ad esempio si svolge dentro alla Pergola di Firenze. Solo verso la seconda metà degli anni Sessanta il regista preferì lavorare e ricostruir­e paesaggi immaginari negli studi Cinecittà. Tutto all’aria aperta è invece La strada, ballata triste del forte Zampagnò e la mite Gelsomina (Giulietta Masina Forever). Dopo due anni di preparazio­ne arriva nel 1960 La dolce vita, che insieme a Otto e mezzo e Amarcord,è uno dei tre film cardinali dell’autore. Sull’avventuros­a nascita di questo capolavoro, affresco di una Roma sospesa fra la verità e stato di allucinazi­one, scrisse un colorato diario Tullio Kezich, il maggior studioso del cinema felliniano. Fra gli aneddoti più divertenti c’è il primo incontro fra il regista e Marcello Mastroiann­i. L’attore, che a quei tempi era solo un bel giovanotto da commedia brillante, andò sulla spiaggia di Fregene dove erano seduti Fellini e il suo amico e sceneggiat­ore Ennio Flaiano. Marcello chiese di vedere la sceneggiat­ura. «È giusto — disse con la sua voce sottile il regista — Forza Ennio, dai il testo a Marcellino». Flaiano frugò in una cartella e tirò fuori un disegno. C’era un subacqueo che nuotava senza costume con il lungo pisello libero nel mare. «Lo guardai e non feci commenti — scrisse nei suoi ricordi Mastroiann­i — ma da allora non chiesi mai più una sceneggiat­ura a Federico».

Così nacque uno dei grandi sodalizi fra un autore e un attore, un rapporto simile a quello che lega oggi Paolo Sorrentino, il più felliniano fra i contempora­nei, e Toni Servillo. Dopo i trionfi da Palma d’oro e Oscar de La dolce vita e Otto e mezzo la carriera di Fellini continuò fra alti e bassi, con la punta di Amarcord. Molti film di non strepitoso successo, come Prova d’orchestra o Ginger e Fred, rivisti col senno di poi anticipano genialment­e i vizi e le tensioni che verranno nella nostra società. Ma il periodo della prematura senilità, non fu facile. Con i suoi sogni e i suoi progetti costosi e ambiziosi, Federico stentò a trovare produttori. Girò sempre meno film e ne soffrì.L’ultimo spettacolo dal vivo lo dette il 28 marzo del 1993 quando ricevette l’Oscar alla carriera. Sul palco di Hollywood Federico disse poche parole commosse mentre in platea la Masina versava calde lacrime. Colpito da una raffica di ictus e ischemie, Fellini morì il 31 ottobre di quell’anno; Giulietta lo seguì nel grande sonno quattro mesi dopo. Il sipario calò e tutti piansero.

La struggente festa di Carnevale de «I Vitelloni», girato in gran parte a Rimini, si svolge dentro il teatro della Pergola

 ??  ??
 ??  ?? Federico Fellini con Anita Ekberg e Marcello Mastroiann­i alla prima del film
«La Dolce vita» (1960)
È uno dei film più celebri e amati della storia del cinema: ha vinto la Palma d’oro al 13º Festival di Cannes e l’Oscar per i costumi
Federico Fellini con Anita Ekberg e Marcello Mastroiann­i alla prima del film «La Dolce vita» (1960) È uno dei film più celebri e amati della storia del cinema: ha vinto la Palma d’oro al 13º Festival di Cannes e l’Oscar per i costumi
 ??  ?? «Lo sceicco bianco» (1952)
«Lo sceicco bianco» (1952)
 ??  ?? «Otto e mezzo» (1963)
«Otto e mezzo» (1963)
 ??  ?? «Amarcord» (1974)
«Amarcord» (1974)
 ??  ?? «I Vitelloni» (1953)
«I Vitelloni» (1953)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy