L’agender di Telfar a Palazzo Corsini nel banchetto d’arte
La testa (vera) di un cinghiale disposta su una padella rivestita di fiori ha accolto ieri sera a Palazzo Corsini gli ospiti della sfilata del rivoluzionario marchio unisex Telfar, capitanato dallo stilista americano di origine liberiana Clemence Telfar. Un evento fuori dagli schemi che ha visto la Sala del Trono della nobile residenza trasformarsi in officina dove la creatività «democratica» di Clemence ha dialogato con i collettivi di arte e musica per poi essere restituita al pubblico della moda. I preparativi dello show hanno infatti preso avvio già la sera prima dell’evento con una cena performativa dove il collettivo di cucina queer «Spiral Theory Test Kitchen» ha dato vita ad un banchetto rinascimentale i cui resti opulenti di carcasse di animali mixate a fiori, cd e vegetali hanno fatto da coreografia alla sfilata organizzata sopra il grande tavolo rotondo che nella forma evocava l’emiciclo delle Nazioni Unite; mentre un gruppo di musicisti ha improvvisato la colonna sonora che ha quindi accompagnato in sfilata i 34 modelli. «Quando sono arrivato a Firenze – ga raccontato lo stilista — non avevo pregiudizi su questa città. Sono un cittadino del mondo e sono aperto alle contaminazioni. La stessa idea di Rinascimento è una suggestione che abbiamo voluto reinterpretare. Ho pensato al Rinascimento di Harlem (movimento artistico culturale afroamericano nato nel quartiere di New York negli anni venti con l’intenzione di rivendicare l’originalità della creatività dei neri rispetto a quella dei bianchi) e al potere mediatico di quello dei Medici, una specie di campagna Pr per i ricchi dell’epoca, creato per magnificare. Per contrasto le mie creazioni che vivono grazie alla possibilità di essere mostrate devono così restare personali. Vestiti normali da indossare prima ancora che immortalare su Instagram».
Ed ecco la moda di Telfar esibita su modelli agender sfilare sopra il tavolo calpestando, letteralmente, i simboli dell’opulenza e del lusso testimoniati dal banchetto consumato la sera prima. Pantaloni di jeans a zampa di elefante, giubbotti biker da scomporre ma anche bermuda da annodare al ginocchio un po’ pirata un po’ marinaio. Ai piedi sandali da gladiatore ricavati da sneakers Converse. Nessuna attenzione alla sostenibilità. «È un tema molto europeo io sono un umano, limitato e non vivrò per sempre».