Incrocio di sei strade e un espresso pieno di bontà e cortesia
Per quanto le continue comparsate televisive e il moltiplicarsi di libri e librucci avessero assai opacizzato il personaggio, ammetto che da bambino avevo un debole per «Così parlò Bellavista» di Luciano De Crescenzo, libro che mi fu passato da mio nonno. È allora inevitabile che sia la prima cosa che mi viene in mente, di fronte all’insegna del «Caffè bellavista». Del resto, collocare un bar capace di fornire ottimi caffè in un punto in cui si incrociano ben sei strade – sta dove via Colletta incrocia via Scialoja mentre su di esse si gettano anche via Botta e via Scipione Ammirato – è un gesto di buonsenso che sarebbe stato apprezzato dal filosofo di strada partenopeo protagonista di quel libro – e allo stesso modo credo che Bellavista avrebbe apprezzato (di certo lo apprezzo io) il piglio cortese e vitale anche in ore antimeridiane, delle bariste: prova ulteriore, peraltro, della bontà del caffè qui servito.
«Terminal» è un aeroporto sconfinato, è la fase «terminale» della società, è il titolo del debutto dei Submeet: trio di base a Mantova. Basso chitarra batteria — e voci — a imbastire una fucina di boati metallici, clangori, subitanee distorsioni, brusii, pur restando nella formacanzone. E l’esperienza, per taluni appagante, del vivere l’aeroporto — «non luogo» per eccellenza — si dipana in dieci tracce disseminate di post-punk, noise e fugaci incursioni shoegaze: fedeli alla linea di complessi anglofoni quali Idles, Liars e Preoccupations. Il motore del gruppo lombardo, oliato da svariati live (prossimamente sono previste tappe in Toscana), assicura un viaggio appagante, pur centrando deliberatamente ogni tipo di perturbazione La somma delle parti è un suono urbano e straniante che procede ad altissima velocità. Ne sentiremo parlare. Disponibile in vinile e digitale dal 24 gennaio.