I GIUSTIZIERI DELLA SCUOLA
Non conosciamo il professore del Saffi accusato di aver dato uno schiaffo a uno dei suoi studenti in classe; né sappiamo con certezza se sia un insegnante con scarsa capacità di sopportare intemperanze grandi e piccole dei ragazzi; tanto meno possiamo contare ancora su una precisa ricostruzione dell’episodio. Come dire che non ci sono elementi per giudicare l’operato dell’insegnante. Ma ammettiamo pure che lui abbia reagito scompostamente a un gesto di maleducazione, con evidente sproporzione rispetto all’entità dell‘errore fatto dall’allievo: le autorità scolastiche decideranno le sanzioni disciplinari a suo carico, scegliendo in quel ventaglio di possibilità previste dalle regole secondo una precisa scala di gravità. Le informazioni filtrano con il contagocce dall’ufficio scolastico regionale, come se in un caso che tocca una istituzione pubblica non ci fosse bisogno della massima trasparenza. Vedremo, ma che dire dei genitori del ragazzo, che dopo la telefonata del figlio (“Il professore mi ha schiaffeggiato, venite subito!”), come primo atto, ancor prima di consultare il dirigente del Saffi, hanno chiamato i carabinieri? Il messaggio è chiaro: secondo questi genitori le autorità scolastiche sono da ritenersi inattendibili, oppure del tutto superflue. Siamo davanti a uno dei frutti avvelenati della progressiva distruzione della scuola italiana. Un ideologismo esasperato, un malinteso senso della democrazia che, anno dopo anno, hanno eroso il ruolo degli insegnanti e dei presidi per dare spazio e potere ai genitori e ai loro rappresentanti negli organi collegiali. Non secondo una armonica redistribuzione dei compiti allo scopo di ottenere da tutti la massima collaborazione a beneficio delle scuole, ma creando una contrapposizione irragionevole, con tanti genitori che si sentono investiti del ruolo di controllori. O, peggio, di supponenti censori, che spesso si sentono autorizzati a esprimere critiche non solo sui metodi educativi, ma anche sugli stessi contenuti. Ed è cominciata così la stagione delle contestazioni formali e dei ricorsi amministrativi. Che, oggettivamente, hanno costretto tanti docenti e dirigenti sulla difensiva.
E i meno forti ad accettare una umiliante subordinazione di fatto. La deriva non ha ancora trovato alcun ostacolo, neppure in contromosse ministeriali. Al Saffi i genitori del ragazzo schiaffeggiato non avevano alcun diritto di lanciare ultimatum; al contrario si sono fatti giudici affermando che il loro figlio sarebbe tornato a scuola solo se ne fosse stato cacciato il professore sotto accusa. Non tocca ai genitori decidere chi abbia o no la dignità di lavorare in qualunque scuola di ordine e grado. Speriamo che i vertici della scuola non si facciano intimidire dai proclami di chi ha chiesto a scatola chiusa una punizione immediata. I ragazzi non si schiaffeggiano, mai, e mai i professori andrebbero dati in pasto ai campioni del giustizialismo scolastico.