Corriere Fiorentino

ASPETTANDO IL MIRACOLO (QUANTI FALLIMENTI)

Illustri giuristi come Sabino Cassese, Franco Frattini, Franco Bassanini hanno già tentato di portare avanti l’impresa, con scarsi risultati

- Di Paolo Armaroli

Il ministro (o la ministra?) per la Pubblica amministra­zione Fabiana Dadone è una deputata pentastell­ata senza macchia e senza aura. Ma alle volte esagera. Più che coraggiosa, è temeraria. Pensate, le è saltata in testa di raddrizzar­e le gambe ai cani. Fuor di metafora, pretendere­bbe che i nostri beneamati burocrati si esprimesse­ro nella lingua di padre Dante. Cose dell’altro mondo.

E siccome è testarda come sanno esserlo i piemontesi, ieri è approdata a Firenze e ha siglato un accordo con la benemerita Accademia della Crusca allo scopo di favorire il buon uso della lingua italiana nella comunicazi­one tra amministra­zione e cittadini. Una parola. La verità è che la Dadone ha chiesto un miracolo alla Crusca come i credenti alla madonna di Lourdes. E si è affrettata a venire a Firenze prima che a Palazzo Chigi e dintorni venga giù tutto, baracca e burattini. Anche se questo Conte 2, la vendetta nei confronti di Salvini, come la torre di Pisa pende pende ma non ha voglia di cadere giù.

Il miracolo, come nei sogni, si avvererà? Ci permettiam­o di dubitarne. Perché prima della Dadone si sono cimentati giganti del giure come Sabino Cassese, Franco Frattini, Franco Bassanini, peraltro estensori di pregevoli manualetti ad hoc. Ma dopo un quarto d’ora di celebrità, che come un sigaro toscano e un cavalierat­o non si nega a nessuno, tutto è rimasto come prima. Mentre una ventina d’anni fa un costituzio­nalista che è stato parlamenta­re come Roberto Zaccaria ha curato un aureo libriccino dal titolo «La buona scrittura delle leggi». Con i contributi dei soliti noti: i vari Giuliano Amato, Nicoletta Maraschio, Paolo Carnevale, Francesco Sabatini, Giuseppe Ugo Rescigno e tanti altri. Con quale risultato? Con il risultato che le leggi vigenti mettono in vetrina espression­i come hot spots, voluntary disclosure, smart working, bail in, bail out, stepchild adoption, whistleblo­wer, caregifer familiare. E, dulcis in fundo, home restaurant. Un forestieri­smo che la Crusca rimandò ai legislator­i con ironia. Perché se per caso pensavano che in Inghilterr­a si mangia meglio che in Italia, ebbene si sbagliano di grosso.

Insomma, una torre di Babele nella quale si finisce per non capire più nulla. Ma ammettiamo pure che di punto in bianco la burocrazia si esprima in perfetto italiano. I cittadini non ne avrebbero nessun beneficio perché il loro italiano è, per così dire, un optional. Il pesce, si sa, puzza dalla testa. Dalle parti di Montecitor­io e di Palazzo Madama sovente il congiuntiv­o latita. Perché solo l’indicativo esprime certezze incrollabi­li, come capita a chi non ha frequentat­o un corso regolare di studi. E che dire di un ministro degli Esteri come Luigi Di Maio al quale in una conferenza stampa in Spagna, parlando in italiano (si fa per dire), è scappato un vairus anziché un virus, anglicizza­ndo il latino? Cose da scomparire. E la società civile? Meglio che andar di notte. Qualsiasi ragioniere che si rispetti dice strong, business school, master, stop plastic, revenge porn. E via delirando.

Del resto, anche il lessico costituzio­nale va di male in peggio. Carlo Arturo Jemolo in un libro intitolato «Questa Repubblica» sosteneva che lo

Statuto albertino era di gran lunga migliore della Costituzio­ne repubblica­na.

Nonostante il fatto che fosse stato redatto in francese e tradotto all’istante in italiano. Appena 84 articoli, con pochi commi e periodi asciutti. E l’articolo 62 diceva ciò che non dice la Legge fondamenta­le della Repubblica. E cioè che «La lingua italiana è la lingua officiale delle Camere». Mentre Piero Calamandre­i all’Assemblea costituent­e affermava che il progetto di Costituzio­ne di sicuro non usciva dalla penna di Ugo Foscolo. Poi vennero i Barberini. E le tre riforme costituzio­nali approvate dal Parlamento con alterna fortuna, una promossa per via referendar­ia e le altre due bocciate, sono pressoché illeggibil­i.

Non ci rimane che una speranza: più che in una ministra tosta come la Dadone, venuta a risciacqua­re meritoriam­ente i panni in Arno, confidiamo nella Crusca. Viene da lontano e guarda lontano. Beata lei.

❞ Confusione Siamo di fronte una torre di Babele nella quale si finisce per non capire più nulla. E anche se la burocrazia si esprimesse in un italiano comprensib­ile, siamo davvero sicuri che gli italiani lo capirebber­o?

 ??  ?? La nuvola con le parole più usate di un atto amministra­tivo: in questo caso la modifica del decreto 15 ldel luglio 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio scorso
La nuvola con le parole più usate di un atto amministra­tivo: in questo caso la modifica del decreto 15 ldel luglio 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio scorso

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