«Risalente, talché, ultroneo: ma chi le capisce queste parole?»
Federigo Bambi, giurista e linguista: «Ecco come si può migliorare»
Calamandrei non avrebbe mai accettato di iniziare l’età repubblicana prendendo per il naso proprio quel popolo per cui la Costituzione era stata scritta. Per questo quando il liberale cortonese Pietro Pancrazi propose la formula «È officio della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che…», fu subito stoppato. Quel comma due dell’articolo tre che sancisce la necessità di porsi un orizzonte sostanziale e non solo formale quando si parla di uguaglianza, non poteva essere incarnato dalla parola «officio». Meglio «compito», gli disse il professore fiorentino insieme ad altri padri costituenti. Così quello stesso «popolo» avrebbe capito meglio di cosa si parlava.
Nel ricordare questo passaggio storico, il professor Federigo Bambi — giurista e linguista — ci tiene a sottolineare come quello del «burocratese» e dei linguaggi volutamente o inavvertitamente criptici non è nato ieri. Ha radici antiche. E proprio nella Costituzione «ha il suo faro positivo» perché scritta «in un modo comprensibile» mentre «le modifiche successive hanno vissuto di un italiano assai peggiore». Risultato raggiunto se si considera che «nonostante il livello medio di istruzione del 1948, Tullio De Mauro calcolò che la Carta risultava comprensibile dal 40% della popolazione». Il professor Bambi da 7 anni tiene un corso di perfezionamento all’Università di Firenze su come avvicinare certi linguaggi alla realtà. Che è poi ciò che la Crusca e la ministra intendono realizzare.
Professor Bambi, chi troviamo a questi corsi?
«Soprattutto avvocati e dipendenti pubblici».
Li mandano i capi ufficio per migliorare la scrittura degli atti?
«Purtroppo sono proprio i capi ufficio spesso a contestare i tentativi di innovare che imparano da noi. In nome di una presunta sacralità del linguaggio tradizionale».
Quindi i vostri sforzi non bastano. Cos’altro serve?
«Dobbiamo cambiare la cultura, e non solo le parole, dell’atto amministrativo».
Tutto il linguaggio tecnico è da buttare?
«No, le lingue della burocrazia e del diritto hanno bisogno di termini tecnici, nel senso etimologico di “confine”. Non è possibile tradurre “usucapione”, è un tecnicismo specifico e ce lo dobbiamo tenere. Ma ci sono tecnicismi che tendono solo a impreziosire, a elevare».
Per esempio?
«L’ufficiale giudiziario che non “entra in casa” per un pignoramento ma vi “accede”. È sostituibile. Soprattutto perché parliamo di atti che si rivolgono direttamente al cittadino. Come l’uso di “obliterare” al posto di “timbrare”. O la congiunzione “di talché” che non utilizzeremmo mai nella vita normale, usiamo “quindi”. Per non parlare di “ultroneo” al posto di “superfluo” che obiettivamente mette in difficoltà. E “risalente”? Dà fastidio perché nell’italiano comune è un participio che si appoggia a un complemento di tempo: risalente a tale data. Usato da solo è mero burocratese. Poi c’è l’uso dell’astratto per il concreto come “divieto di balneazione”. Il suo “concreto” è “fare il bagno”».
Da dove nasce tutto ciò? Chi è il Dante del burocratese?
«È difficile individuarlo. Ma nelle vecchie facoltà di Giurisprudenza nessuno si preoccupava di insegnare a scrivere in modo corretto. Si imparava negli uffici utilizzando un modello che nasce per stratificazioni, dai latinismi e i suoi derivati».
A proposito di latinismi…
«Alcuni come fumus boni iuris li possiamo mantenere. Ma ci sono tanti di quei “latinetti” come il de quo e il de qua che… mah».
E gli anglicismi?
«Mi viene in mente come è entrata in crisi la parola “transazione”, che indica un contratto che pone fine a una lite. Ora l’anglicismo “transation”, che però indica un qualsiasi accordo giuridico patrimoniale, crea confusione».
Vorrebbero mettere mano anche alle sigle e ai riferimenti normativi…
«Consiglio a giuristi e funzionari di scioglierle almeno la prima volta che si usano».
Soluzioni «Bisogna lavorare sopratutto sugli anglicismi e i latinismi E poi le sigle e riferimenti normativi vanno spiegati meglio»