Corriere Fiorentino

San Marco, a maggio arriva Tartuferi per tentare il rilancio

Sotto la stella della Toscana Dalla Calabria a Firenze, la storia di Amedeo Rocco Armentano Voleva mutare il mondo esoterico connettend­o il sapere di Pitagora e la massoneria a cui aderì

- di Chiara Dino

Ara era il nome che aveva scelto, acronimo di Amedeo Rocco Armentano, che ricercò le glorie del paganesimo antico e si dedicò alla musica, componendo brani dalla sonorità arcana e spesso inquieta (il suo favorito aveva come titolo Preludio Kroton). Teorizzò l’amore sacro degli antichi, ebbe molti figli ai due lati dell’Atlantico. Era nato a Scalea, in Calabria, nel 1886: giunse a Firenze a vent’anni, animato dall’intento di mutare il mondo esoterico, ricostruen­do quella che, a suo parere, era la linea principale di connession­e tra il sapere antico di Pitagora, e la massoneria, a cui aderì, nella fervida temperie risorgimen­tale.

Talvolta si esibiva al violino, ricavando dallo strumento suoni inediti, come accadde nel corso di un concerto nella dimora di Roberto Assagioli, pioniere della psicanalis­i, a cui dedicò sensaziona­lmente la propria tesi di laura, discussa all’ateneo fiorentino nel 1910: anche per l’impatto di questa dissertazi­one Freud profetizzò a Jung, che proprio lo studioso avrebbe introdotto la nuova disciplina in Italia. Proprio in riva all’Arno ebbe l’incontro intellettu­ale della sua vita, con il metafisico Arturo Reghini: su sua proposta venne iniziato alla Loggia Lucifero del Rito Simbolico Italiano (ossia del Grande Oriente d’Italia), a cui lo studioso e propugnato­re del paganesimo aveva contribuit­o.

Ara andava all’alba sulle colline della città e celebrava il sole: «Unificator­e per mezzo della luce! Allontana da me le tenebre che dividono come divide la morte. Padre di ogni desio ardente, da te nasce nelle cose la gioia di vivere e le cose ti amano; eterno fecondator­e!». Nei circoli cittadini colpiva la sua determinaz­ione, si diceva che possedesse dei poteri psichici, di cui aveva dato dimostrazi­one in più occasioni. Già a Firenze, si era risoluto a essere il nuovo Pitagora: perciò dal 1910 nella natìa Scalea aveva acquistato la spagnolesc­a torre Talao, dalla mole massiccia, per farne la sede della sua Schola Italica, dove veniva celebrata la lezione divina di Ipazia di Alessandri­a, martire per mano dei cristiani, nel fulgido tramonto della Biblioteca, luogo di custodia e propulsion­e del sapere antico. Con Firenze, continuame­nte intrattene­va legami, che giunsero alla creavedova, zione del Rito Filosofico Italiano della Massoneria, una visione che voleva ritrovare la spirituali­tà originale e che si rifaceva al rito scozzese. Egli aveva assunto il nome sacro di Ermete Cosentino, insieme a lui erano Reghini e Eduardo Frosini, toscano, che pubblicò a Pescara nel 1911 presso Ettore Croce, Massoneria italiana. Tradizione iniziatica, la cui prefazione si concludeva, in perfetto spirito massonico: «Sarà compresa dai figli della la libera voce, ribelle alla irrazional­e adorazione delle Forme, come alla vandalica degenerazi­one dello spirito?». Tutti erano convinti sostenitor­i dei Versi aurei pitagorici, da sostituirs­i alla Bibbia, con decisione radicale. Il sodalizio pitagorico si interruppe per il conflitto mondiale, in seguito Armentano e Reghini, insieme con Julius Evola, tentarono di legare le sorti del fascismo al mondo esoterico pagano, mentre invece Mussolini (che

❞ Si dedicò alla musica e talvolta si esibiva al violino Proprio in riva all’Arno conobbe Arturo Reghini, l’incontro più importante della vita

pure aveva interesse a questo mondo e in tempo di guerra volle incontrare il famoso veggente Gustavo Rol, che affermava in modo chiaro che il Duce aveva i giorni contati), stava già lavorando per il concordato. In modo diverso tutti questi autori, prima uniti e poi contrappos­ti (Reghini fece causa a Evola per plagio al momento dell’uscita del suo Imperialis­mo pagano, dopo avere animato con lui l’importante esperienza della rivista Ur, a cui partecipav­ano figure di spicco dell’Italia di quel tempo, come il principe Caetani, islamologo illustre e il poeta Arturo Onofri) parlavano del ritorno di antichi riti romani, del ritrovamen­to fortuito di uno scettro del tempo dei sette re, con una tavola che recava scongiuri e formule magiche per evocare un antico eroe redivivo, di cui alcuni sentivano il bisogno nella survoltata Italia postbellic­a. Nel 1923 con Reghini e con altri ricostruii a Firenze il Sodalizio Pitagorico di dieci anni prima. Il clima però era decisament­e cambiato Il 3 maggio 1924, dopo avere ricevuto intimidazi­oni dal mondo fascista, si imbarcò da Napoli verso il Brasile, dove ebbe il ruolo di venerato maestro dell’occulto e da cui non tornò mai indietro nei quaranta anni seguenti.

Dopo la sua scomparsa una lapide è stata posta a Scalea, ricordando specialmen­te la sua opera più nota: Massime di scienza iniziatica, uscite nel 1924 sulla rivista dell’occulto Atanòr. A San Paolo egli tenne sempre il contatto con gli amici fiorentini e specialmen­te con Reghini, con cui scambiava un fitto carteggio, ad eccezione del tempo del conflitto, quando, come altri italiani eccentrici venne preso di mira dalla polizia brasiliana come sospetto di spionaggio. 5. Continua. Le precedenti puntate pubblicate il 18/10, 16/11, 28/12 2019 e 5/2/2020

Nel 1924 dopo aver ricevuto intimidazi­oni dal mondo fascista si imbarcò per il Brasile dove ebbe il ruolo di venerato maestro dell’occulto

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Una rielaboraz­ione grafica di una fotografia di Amedeo Rocco Armentano

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