«Come va?»
Palazzo Vecchio sonda l’umore dei cittadini reclusi
Da punte di 1o5 microgrammi per metro cubo di biossido di azoto a uno sprofondo di 17 microgrammi a metro cubo. È il crollo di questo inquinante in undici giorni. Il dato è riferito alla centralina dell’Arpat posizionata in viale Gramsci, una di quelle (insieme a Signa) che meglio descrivono lo stato dell’inquinamento dell’aria nell’agglomerato urbano di Firenze. «Una cosa positiva, in questa emergenza, c’è — commenta il sindaco Dario Nardella — a Firenze drastica diminuzione del biossido di azoto e traffico diminuito del 70%. Noi restiamo a casa e anche la natura ringrazia». Ma è tutto così?
Certamente l’effetto del «lockdown», del «restate a casa» deciso dal governo ha avuto effetti importanti nelle aree più inquinante d’Italia, come la pianura Padana: l’hanno dimostrato le immagina satellitare della Nasa. Pure l’area fiorentina è una zona inquinata. Ma dall’Arpat, sono restii ad esprimersi: occorre infatti, secondo gli esperti dell’Agenzia regionale ambientale toscana, tenere conto di molti altri elementi, per esempio in caso di vento e pioggia gli inquinanti cadono naturalmente. E poi, c’è un dato oggettivo: il traffico, una delle principali cause dell’inquinamento dell’aria, è crollato. Ma il riscaldamento, invece, con molte più persone a casa, nonostante il clima mite, ha prodotto più inquinanti.
La differenza si vede meglio infatti su un’altra sostanza registrata dall’Arpat, il benzene, più collegata al traffico del biossido di azoto, spiegano i tecnici dell’Agenzia. In questo caso, nelle due centraline che lo registrano a Firenze (Gramsci e viale Bassi) si è dimezzato. La media delle Pm10 è scesa nello stesso periodo: da 1,9 a 1,3 microgrammi a metro cubo. Se si guarda il resto della regione, anche a Prato si è avuto un calo (benzene da 0,8 a 0,5, biossido di azoto da 19 a 14), così come a Pisa, Livorno, con percentuali simili.
Dove Greta Thumberg non è riuscita, ci è riuscito il «lockdown», la necessità di bloccare moltissime attività produttive e traffico. Ma è un fatto importante anche per il virus: secondo alcuni studi, le zone italiane dove si sono concentrati i malati più gravi, sono quelle dove c’è più inquinamento. «Abbiamo questo sospetto: prima di esprimerci occorre studiare meglio. Due ricercatori dell’università di Bari e di Bologna che vedono questa analogia» spiega Michele Urbano, ricercatore di Legambiente. La cosa più importante però è che «dobbiamo ricordarci che i morti legati all’inquinamento in alcune zone erano già tanti. Prima affrontiamo il problema coronavirus: dopo non dimentichiamoci dei problemi che già avevamo».
Il decreto «restate a casa» ha dimostrato anche altro, cambiando le nostre abitudini quotidiane. Per rifiuti, ad esempio. A Firenze Alia sta raccogliendo giornalmente il 25% in meno di rifiuti indifferenziati (prodotti da tutti) da quando è in vigore l’ultimo decreto: da 320 tonnellate al giorno a 240. L’organico è diminuito del 10%. Ma il dato più eclatante è in centro: da quando hanno chiuso i negozi ci sono 10 tonnellate di carta in meno raccolta al gorno dai negozi. Ma se a Firenze diminuiscono i rifiuti raccolti, aumentano nei Comuni del Chianti e in parte della Piana fiorentina: ecco il peso (per i rifiuti) di pendolari e city users sul capoluogo.
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Nardella Una cosa positiva in questa emergenza c’è Il traffico diminuisce e la natura ringrazia