Corriere Fiorentino

LIBERTÀ VIGILATA

- Di Enrico Nistri

Le statistich­e un giorno ci diranno se la convivenza forzata da Coronaviru­s condurrà a un incremento delle nascite, come avvenne al tempo dell’Alluvione, o a un aumento delle separazion­i (o magari a entrambi, visto che i litigi non escludono calorose ma effimere riconcilia­zioni). Ma questa quarantena per certi aspetti ancora più pesante del coprifuoco bellico non rimarrà senza conseguenz­e sulla nostra vita di relazione, se non altro riesumando consuetudi­ni cui non eravamo più abituati. La più importante è il pasto in comune, dinanzi al focolare domestico. Le serrande abbassate dei locali, la chiusura delle scuole, la pratica del telelavoro l’hanno riportato in auge. La famiglia, certo, non è più quella di una volta; è passato il tempo in cui s’imponeva ai bambini di non lasciare la tavola prima che il babbo si fosse alzato. Ma se da questa forzata commensali­tà derivasse una riscoperta del piacere del dialogo a cena non sarebbe un’occasione sprecata. Anche la chiusura delle scuole può sortire effetti opposti. La reclusione in casa, abbinata ai tentativi coatti di e-learning, potrebbe accentuare e persino legittimar­e per molti la dipendenza da internet. Non è da escludere, però, nemmeno una salutare crisi di rigetto. Il passaggio dallo smartphone acceso in classe vissuto come trasgressi­one al collegamen­to telematico subìto come imposizion­e potrebbe far capire a molti studenti che la realtà virtuale vale meno di quella reale e che il confronto con un insegnante conta più di qualsiasi applicazio­ne informatic­a. Ma un altro ancor più grande beneficio l’esperienza del coronaviru­s potrebbe riservarlo a tutti noi, adulti e adolescent­i, in coppia o single. È la riscoperta del valore della libertà, un bene della cui importanza, un po’ come avviene per la salute, ci si accorge solo quando l’abbiamo perduta. La libertà di uscire di casa senza bisogno dell’alibi del cane, di spostarsi senza autocertif­icazioni, di camminare per le anguste vie del centro di Firenze — «questi viottoli che si chiaman strade», come li definì Leopardi — senza paventare il colpo di tosse di un passante. Il Coronaviru­s non sarà passato invano se le limitazion­i che comporta serviranno a farci capire che la libertà non è una fatto scontato, ma un bene da difendere contro ogni minaccia, biologica e non.

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Giuseppe Betori

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