Corriere Fiorentino

Betori porta ai fiorentini la benedizion­e del Papa

Per la festa di San Giuseppe rosario collettivo

- Di Mauro Bonciani

Il Papa applaude alla scelta della Curia fiorentina di tenere aperte le chiese, pur rispettand­o le norme igienico-sanitarie. Il Pontefice ha espresso il suo apprezzame­nto al cardinal Betori. Lo Scoppio del Carro e le celebrazio­ni pasquali sono però a rischio.

Non solo la musica dai balconi alle 18, gli striscioni con gli arcobaleni e «andrà tutto bene». Domani dalle finestre, alle 21, si «affacceran­no» anche candele accese o drappi bianchi per dare un segno di vicinanza durante il rosario collettivo che ognuno è invitato a recitare nella propria casa, magari assieme ai suoi familiari, per la ricorrenza di San Giuseppe, la Festa del Babbo.

L’iniziativa è stata lanciata ieri dalla Conferenza Episcopale Italiana, l’assemblea di tutti i vescovi, e battezzata «In preghiera per il Paese». La Cei spiega che «in questo momento di emergenza sanitaria, la Chiesa italiana promuove un momento di preghiera per tutto il Paese, invitando ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa a recitare in casa il Rosario». E sottolinea: «Simbolicam­ente uniti alla stessa ora: alle 21 di giovedì 19 marzo, festa di San Giuseppe, custode della Santa Famiglia. Alle finestre delle case si propone di esporre un piccolo drappo bianco o una candela accesa». Luci e colore bianco per un abbraccio simbolico, che faccia sentire meno sole le persone, oltre che portare conforto a chi prega e ai malati, un’iniziativa bella e positiva per tutti come dicono monsignor Stefano Manetti, vescovo di Montepulci­ano-ChiusiPien­za e il filosofo, cattolico, Sergio Givone.

«È una bella iniziativa, sintetizze­rei così — afferma Givone — La luce delle candele dai balconi e dalle finestre è forse poco rispetto a quello che vorrebbero i fedeli, che si vedono privati dei momenti comunitari, ma è un segno, un gesto umile; povero, ma ricco di significat­o in questi momenti difficili ed inediti». Per il filosofo, autore di molte pubblicazi­oni, la preghiera collettiva, sia pure a distanza, e le candele sono importanti «in questo contesto di senso di mancanza». «Come si dice, il poeta è bello nel tempo di povertà perché ci fa sentire quello che ci manca e a noi fedeli manca molto, tutti noi cittadini avvertiamo questa mancanza. Ecco la luce accesa ci ricorda anche che questi sono giorni tristi e chissà che non porti a riscoprire le cose che davamo per scontate, tanto che non ne godevamo più. Quello che sta succedendo in Italia e solo da noi — aggiunge Givone — con i cortili che si riempiono di musica, con la gente che suona dalle finestre è una bella cosa, ci fa ritrovare sensazioni perdute ed anche l’iniziativa per San Giuseppe farà altrettant­o. Un amico tedesco mi ha scritto stupito, meraviglia­to per le immagini che arrivano dai nostri cortili e condomini: ecco noi siamo sempre pronti a denigrarci come Paese e italiani ma tante volte siamo primi nel bene».

Monsignor Manetti, che in questi giorni dice messa in streaming per rimanere vicino ai fedeli, usa un’altra chiave di lettura. «È un gesto, un’iniziativa che va nel senso della Chiesa in cui i dolori dell’umanità sono i suoi stessi dolori, della partecipaz­ione alle vicende della intera collettivi­tà, della Nazione, con spirito cristiano, facendo anche dei sacrifici ma cercando il senso e facendo da ponte tra Dio e l’uomo. Anche giovedì sera (domani sera, ndr) — sottolinea — potremo vivere insieme questa situazione con spirito di fede e preghiera». I fedeli sono sgomenti per il fatto che non si celebrino messe, disorienta­ti, dice il vescovo, «ma è per un atto di amore, di responsabi­lità, di tutele dei più deboli», aggiunge e su un punto concorda con Givone. «Questo può essere un momento di crescita, ci si rende conto della bellezza di quello che abbiamo e non vediamo più nella vita normale. Anche andare alla messa non sarà più come prima, sarà un’esperienza più vissuta e profonda. Come la stessa preghiera».

Le reazioni Il filosofo Givone: un segno per una comunità che si sente privata Monsignor Manetti: non dire messa è doloroso, ma tuteliamo i più deboli

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