Corriere Fiorentino

Tamponi, c’è Paese e Paese: un episodio accaduto in Germania

- Lettera firmata

Caro direttore, mio figlio (doppia cittadinan­za) specialist­a in Anestesia e Rianimazio­ne lavora da un anno in un Ospedale Universita­rio del nord della Germania dopo aver prestato servizio per alcuni anni all’Ospedale Universita­rio della Charité di Berlino. Alcuni giorni fa mentre era di servizio per le emergenze in ambulanza venne chiamato al domicilio di un paziente con sospetto infarto miocardico. Appena visto il malato, assieme al personale paramedico, si rese conto che si trattava di un paziente con gravi problemi respirator­i con febbre elevata (39-40). Il paziente dichiarava di essersi recato il giorno precedente in ospedale con sintomatol­ogia analoga ma meno accentuata e di essere stato dimesso con terapia domiciliar­e. Dopo aver preso le precauzion­i standard fu immediatam­ente disposto il ricovero urgente con il sospetto di possibile infezione da Coronaviru­s. Nei due giorni successivi mio figlio, dopo aver segnalato il sospetto anche al responsabi­le del reparto di rianimazio­ne, si è recato più volte presso la struttura per chiedere il risultato del test al coronaviru­s, ma poiché la sintomatol­ogia era regredita e il paziente deambulava libero nel reparto gli fu risposto che probabilme­nte il test non era necessario e l’avrebbero eseguito con calma! Al di là della giustifica­ta preoccupaz­ione di mio figlio per sua moglie e i suoi due bambini mi chiedo che cosa abbiano in testa quei colleghi.

P.S.Nell’ospedale in questione sono già presenti due pazienti con infezione da coronaviru­s.

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