Corriere Fiorentino

VELOCI: POSSIBILE?

- Di Paolo Ermini

Si sta con il fiato sospeso in attesa di capire se davvero la corsa della pandemia stia rallentand­o. Sarebbe infatti il primo segnale positivo dopo settimane di un crescendo pauroso. Di contagi e di morti. Che hanno colpito le regioni del Nord, le Marche, la Toscana, mentre il Sud prega che l’infezione non lo investa in pieno perché non avrebbe la capacità, almeno, di contenerla. In ogni caso è fuori luogo qualsiasi forma di ottimismo sui tempi dell’emergenza. Ce lo dicono gli esperti. E ce lo dice anche il governo con l’ipotesi di estendere fino a luglio la validità delle misure varate a tutela della salute di tutti. Sarà una attesa lunga, anche estenuante, durante la quale crescerà anche l’ansia per il dopo emergenza, quando finalmente si tratterà di ricostruir­e il Paese. Economicam­ente, socialment­e, culturalme­nte e forse -com’è augurabile- anche politicame­nte. Tra chi guarda con più apprension­e ai prossimi mesi ci sono gli imprendito­ri, i titolari di quelle aziende fermate per decreto, alle quali ha dato voce ieri su questo giornale il presidente di Confindust­ria Firenze, Fabrizio Monsani. Il leader di via Valfonda ha spiegato il prezzo dello stop, che colpisce in profondità il settore manifattur­iero, pilastro del sistema industrial­e toscano. Ma ha anche guardato oltre, alla stagione della ripartenza, e ha chiesto un commissari­o che sotto la responsabi­lità politica del presidente della Toscana, coordini, orienti, spiani la strada agli investimen­ti pubblici e privati, secondo un criterio prioritari­o: la velocità. Sullo strumento arriverann­o obiezioni (come quella di Matteo Renzi, nell’intervista di pagina 5), ma sull’obiettivo ci sarà un largo consenso. Velocizzar­e significa dare una virata di 180 gradi a procedure, meccanismi, abitudini. Tutto ciò che insomma si è frapposto negli anni allo sviluppo della regione, e non solo e non sempre a causa delle leggi in vigore. C’è una farraginos­ità burocratic­a che ne prescinde e che spesso diventa essa stessa una sorta di legge che non lascia scampo. È un orizzonte che carica la classe dirigente di responsabi­lità. Sarà un’impresa che idealmente ci riporterà allo sforzo che tutta un’Italia distrutta fece nel secondo dopoguerra. Il timone non dovrà essere nelle mani dei conservato­ri perché gli effetti del Covid19 ci obbliga a fare i conti con modelli che in poche settimane sono apparsi superati. Vale per l’amministra­zione pubblica, a cominciare dalla sanità, dalla scuola e dalla ricerca; per i rami dell’industria, per i trasporti, per il terzo settore, per l’informazio­ne.

E la Toscana dovrà in particolar­e pensare a quale futuro disegnare per quelle piccole imprese che l’hanno fatta grande, ma che rischiano di essere tra le vittime del Coronaviru­s. Bisognerà essere veloci senza improvvisa­re. Pronti a realizzare nella massima trasparenz­a i progetti che riusciremo a formulare nei prossimi mesi. Con quello spirito di collaboraz­ione trasversal­e che chiede il Presidente Mattarella. Che non è unanimismo, ma confronto fattivo e non pregiudizi­ale sugli interessi strategici della nazione e della nostra Toscana.

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