VELOCI: POSSIBILE?
Si sta con il fiato sospeso in attesa di capire se davvero la corsa della pandemia stia rallentando. Sarebbe infatti il primo segnale positivo dopo settimane di un crescendo pauroso. Di contagi e di morti. Che hanno colpito le regioni del Nord, le Marche, la Toscana, mentre il Sud prega che l’infezione non lo investa in pieno perché non avrebbe la capacità, almeno, di contenerla. In ogni caso è fuori luogo qualsiasi forma di ottimismo sui tempi dell’emergenza. Ce lo dicono gli esperti. E ce lo dice anche il governo con l’ipotesi di estendere fino a luglio la validità delle misure varate a tutela della salute di tutti. Sarà una attesa lunga, anche estenuante, durante la quale crescerà anche l’ansia per il dopo emergenza, quando finalmente si tratterà di ricostruire il Paese. Economicamente, socialmente, culturalmente e forse -com’è augurabile- anche politicamente. Tra chi guarda con più apprensione ai prossimi mesi ci sono gli imprenditori, i titolari di quelle aziende fermate per decreto, alle quali ha dato voce ieri su questo giornale il presidente di Confindustria Firenze, Fabrizio Monsani. Il leader di via Valfonda ha spiegato il prezzo dello stop, che colpisce in profondità il settore manifatturiero, pilastro del sistema industriale toscano. Ma ha anche guardato oltre, alla stagione della ripartenza, e ha chiesto un commissario che sotto la responsabilità politica del presidente della Toscana, coordini, orienti, spiani la strada agli investimenti pubblici e privati, secondo un criterio prioritario: la velocità. Sullo strumento arriveranno obiezioni (come quella di Matteo Renzi, nell’intervista di pagina 5), ma sull’obiettivo ci sarà un largo consenso. Velocizzare significa dare una virata di 180 gradi a procedure, meccanismi, abitudini. Tutto ciò che insomma si è frapposto negli anni allo sviluppo della regione, e non solo e non sempre a causa delle leggi in vigore. C’è una farraginosità burocratica che ne prescinde e che spesso diventa essa stessa una sorta di legge che non lascia scampo. È un orizzonte che carica la classe dirigente di responsabilità. Sarà un’impresa che idealmente ci riporterà allo sforzo che tutta un’Italia distrutta fece nel secondo dopoguerra. Il timone non dovrà essere nelle mani dei conservatori perché gli effetti del Covid19 ci obbliga a fare i conti con modelli che in poche settimane sono apparsi superati. Vale per l’amministrazione pubblica, a cominciare dalla sanità, dalla scuola e dalla ricerca; per i rami dell’industria, per i trasporti, per il terzo settore, per l’informazione.
E la Toscana dovrà in particolare pensare a quale futuro disegnare per quelle piccole imprese che l’hanno fatta grande, ma che rischiano di essere tra le vittime del Coronavirus. Bisognerà essere veloci senza improvvisare. Pronti a realizzare nella massima trasparenza i progetti che riusciremo a formulare nei prossimi mesi. Con quello spirito di collaborazione trasversale che chiede il Presidente Mattarella. Che non è unanimismo, ma confronto fattivo e non pregiudiziale sugli interessi strategici della nazione e della nostra Toscana.