«Niente stand nelle piazze, ma ancora più uova vendute»
Spinelli, presidente Att: «Con la crisi è aumentata la generosità»
«L’emergenza coronavirus ha cambiato radicalmente il nostro lavoro, soprattutto nel rapporto con i pazienti e tra colleghi. Ma ha fatto emergere, ancora di più, la solidarietà». Giuseppe Spinelli è impegnato in sala operatoria come chirurgo oncologico maxillo facciale all’ospedale di Careggi, e nell’assistenza domiciliare gratuita ai malti di cancro, come presidente dell’Associazione Tumori Toscana.
Dottore, come è cambiato il suo lavoro con la pandemia del coronavirus?
«Da quando è scoppiata l’emergenza nell’associazione non abbiamo più fatto riunioni tra i membri dell’equipe come eravamo soliti fare, si svolgono tutte on line. Il rapporto umano è mediato da un computer, uno smartphone, un tablet. I pazienti mandano email, whatsapp, ma non sempre si può fare una diagnosi a distanza. Bisogna sempre vistare il paziente, l’aspetto umano e psicologico non possono essere tralasciati: capire che persona hai davanti permette di capire la terapia, cosa deve essere fatto, come anche cosa deve essere detto».
Le richieste di assistenza domiciliare sono aumentate?
«Sì, molti pazienti no Covid in questo periodo hanno varie difficoltà. Una signora per esempio mi raccontava che ha chiamato il 118 perché il marito, con un tumore al fegato, non respirava bene ma non volevano andare a prenderlo per portarlo in pronto soccorso. Così molti si rivolgono a noi. Sono aumentate soprattutto le assistenze infermieristiche: prima a Firenze facevamo 25 prelievi domiciliari al giorno, ora 50. Adesso poi abbiamo notato che il 90% dei deceduti, muore a casa, si è ridotta la forbice di chi decede in ospedale».
Continuate a fare visite domiciliari anche in emergenza?
«I nostri medici continuano a visitare a casa, ma lo fanno ovviamente con tutti gli strumenti di protezione».
Aumentano le richieste. L’equipe di Att è rimasta uguale invece?
«Noi siamo sempre lo stesso numero, ma stiamo cercando un medico e un infermiere in più per far fronte all’emergenza».
Avete maggiori difficoltà nella raccolta fondi?
«I cittadini sono straordinari: quest’anno non abbiamo potuto andare nelle piazze a vendere le nostre uova di Pasqua, ma ne abbiamo vendute, molte più dell’anno scorso, abbiamo superato le 4.000: le abbiamo finite tutte abbiamo dovuto riordinarle e non è semplice ora trovare fornitori. Sono state prenotate on line, prese dalla Caritas, dall’Associazione Borgognissanti, dai mercati di Sant’Ambrogio e San Lorenzo, anche se per tutti la situazione non è idilliaca. Questo cordone di solidarietà ci sorpreso ed emozionato. Abbiamo anche lanciato il crowdfunding per affrontare l’emergenza coronavirus per un’infermiera di rinforzo per 3 mesi e 5 nuovi letti attrezzati. Siamo quasi al traguardo di 10 mila euro: presto avremo un’infermiere in più e forse anche un medico».
La situazione in ospedale invece come è?
«Operiamo solo i casi non procrastinabili. I pazienti non possono essere assistiti dai familiari: per quelli che devono subire una tracheotomia è ancora peggio. I primi giorni non possono neanche parlare al telefono: sono in completa solitudine. Noi medici siamo gli intermediari tra loro e i loro cari. La prima cosa che facciamo appena rimossa la tracheotomia è attivare il telefono».
E cosa è cambiato ancora?
«È cambiata poi l’organizzazione: i pazienti prima degli interventi sono sottoposti a tampone, anche noi a test sierologici ed eventualmente al tampone: se ci sono casi dubbi dobbiamo stare isolati prima che arrivi il risultato e in ospedale avere anche una sola persona in meno in questo momento ha grosse ripercussioni sul lavoro. Già è stressante, così si aggiunge stress a stress. Ma a livello umano tra colleghi noto una maggior coesione in questo momento di difficoltà: ci diamo una mano a vicenda per far fronte alla situazione».
❞ In questi giorni abbiamo aumentato le visite a domicilio, grazie alle donazioni potremo aggiungere un’infermiera alla nostra squadra