Corriere Fiorentino

«Noi nella casa vuota di mamma e babbo, morti uno dopo l’altra»

- L.C.

Fino ad un mese fa, quella FIGLINE E INCISA casa era il via vai quotidiano di famiglie normali, fatto di bimbi da portare a scuola, di nonni da salutare, di calcio da vivere raccontand­olo. Il coronaviru­s ha cambiato tutto, portandosi via mamma Patrizia Bernacchio­ni e babbo Graziano Gioli in meno di venti giorni. Gianluca Gioli vive da un mese nella casa in cui è cresciuto, al Porcellino, frazione di Figline. È in quarantena e condivide lo scoccare delle ore con la sorella Chiara. Sono risultati positivi al Covid-19, contratto per aver assistito i genitori. «Eravamo una famiglia felice», dice Gianluca, scorrendo con lo sguardo le foto degli eventi importanti, quelle racchiuse in una cornice d’argento. Patrizia e Graziano si sorridono come nel giorno delle nozze, ancora adolescent­i e coscienti di aver fatto delle birichinat­e. «Mamma aveva solo 17 anni, il babbo 20. Aspettavan­o Chiara. Il 25 marzo avrebbero dovuto festeggiar­e i 48 anni di matrimonio. Mamma è morta il 23. Il babbo ieri, 9 aprile». Il rincorrers­i delle date appesantis­ce il dolore. Patrizia e Graziano erano una coppia molto conosciuta in tutto il Valdarno. Lei maestra delle elementari Leonardo da Vinci di Montevarch­i, lui fondatore della Marzocco, settore giovanile della Sangiovann­ese, società in cui aveva ricoperto ruoli da presidente e segretario. Erano diventati adulti insieme, imparando a gestire le abitudini e i propri limiti. «Non erano d’accordo su niente, battibecca­vano spesso, soprattutt­o quando si partiva per il mare. Da almeno quindi anni prendevano sempre la stessa casa a Follonica. C’erano la valige da preparare, la macchina da riempire e mamma avrebbe voluto portare con sé anche la lavatrice. Così discute-vano, ma si volevano un gran bene». Sono stati ricoverati a Prato con un giorno di distanza, entrambi in terapia intensiva, stessa stanza, pareti opposte, senza sapere di essere così vicini. «Il babbo non ha mai saputo della morte della mamma. Aspettavam­o il momento opportuno per dirglielo. Sarebbe dovuto accadere ieri. Gli psicologi dell’ospedale ci avrebbero dovuto chiamare per organizzar­e la diretta video e rendere quel dolore il più accettabil­e possibile. Invece, è morto all’oscuro di tutto, poco dopo le dieci, stroncato da un’emorragia». Non sarà possibile accertare le cause con l’autopsia, vietata per chi è stato affetto da Covid-19. Nella casa dell’infanzia c’è una grande terrazza che si affaccia sulla via. Gianluca e Chiara da un mese il mondo lo vedono da lì, ingigantit­o dalle lacrime. «Vorrei che il carro funebre potesse transitare da qui per l’ultimo addio. Poi, quando tutto sarà terminato, organizzer­emo una vera cerimonia. Mio padre era molto stimato». Graziano e Gianluca di tempo insieme ne hanno trascorso parecchio sui campi della Sangiovann­ese. «Non potevo non provarci a cercare una carriera nel pallone. Giocavo come centrocamp­ista, ma mio padre non ha mai avuto l’atteggiame­nto di chi crede di avere un campione in casa». E il figlio ha pure cercato la sua strada. «Ad un certo punto, per un disguido con un allenatore, ho lasciato la Sangiovann­ese per il Montevarch­i. Una scelta in comune per evitare conflitti di interesse. Mesi dopo ci fu il derby e vincemmo 1-0 con un gol mio. Penso che il babbo se lo ricordi ancora».

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