Addio a Carotti, l’ultimo erede di don Milani
Con Gesualdi ha custodito la lezione del priore e creato la Fondazione. Sarà sepolto a Barbiana
Giancarlo Carotti a Barbiana era il tuttofare: si rompe il tetto della chiesa? Chiamate Giancarlo. C’è un problema con la piscina? Ci pensa Giancarlo. C’è da cambiare un tubo? Ecco Giancarlo. Insieme a Michele Gesualdi ha rappresentato più di chiunque altro la continuità dell’insegnamento di don Milani, è stato uno dei suoi primi 6 studenti.
Giovedì è scomparso all’età di 75 anni e da due anni aveva raccolto il testimone di Gesualdi come presidente della Fondazione don Milani. Carotti è morto a causa di problemi respiratori ma non per il coronavirus. E nella giornata di ieri la salma è stata portata da Calenzano a Barbiana per la sepoltura, grazie alla disponibilità del comune di Vicchio che si è offerto di aiutare la famiglia nonostante le restrizioni della quarantena.
Carotti sarà sepolto nel cimitero di Barbiana senza cerimonia, alla presenza delle sole due figlie, accanto alle tombe di Gesualdi e di Lorenzo Milani.«Giancarlo Carotti — ha ricordato il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze — metteva al primo posto il Vangelo, la Chiesa, gli ultimi, gli emarginati. Con la tenerezza e la dedizione di un educatore appassionato».
Giancarlo e Michele erano amici dalla prima infanzia. Poi Michele aveva sposato Carla, la sorella di Giancarlo. «Sono stati compagni di vita da sempre: dal ‘55 non si sono più lasciati e non hanno mai lasciato Barbiana, condividendo tutto» ricorda la nipote
Sandra Gesualdi, figlia di Michele. «Mio padre era quello sotto i riflettori, Giancarlo rappresentava l’altra faccia della medaglia: umile, tranquillo, meno dirompente ma importante».
Per anni è stato operaio al Pignone. Poi ha girato il mondo per installare turbine. Era anche un appassionato di motori. «Don Milani amava tirare fuori le competenze dalle persone — prosegue Sandra Gesualdi — e quando si rese conto che zio Giancarlo aveva il pallino dei motori sfruttò questa sua passione per insegnargli la fisica e la meccanica, oltre alle lingue, perché gli faceva pronunciare ogni pezzo del motore in quattro lingue diverse».