Nuovo Pignone modello Ferrari
In telelavoro 4.600 dipendenti su 5 mila, turni e distanze, verso i test sui lavoratori
Ripartiranno prima le aziende «sicure» per i protocolli di controlli e sicurezza ratificati. È l’indicazione che arriva dalla prefettura. Ma c’è chi è già pronto, come il Nuovo Pignone, che potrebbe usare il «modello Ferrari».
Ripartiranno prima le aziende pronte a rispettare i protocolli di sicurezza, anche con screening epidemiologici tra i lavoratori. In attesa di capire come saranno aggiornati i protocolli sanitari nazionali — il premier Conte ieri ha detto che si riparte dall’intesa tra le parti sociali del marzo scorso, aggiornata dal lavoro della task force di scienziati e manager del governo — la Prefettura di Firenze ieri ha dato alcune indicazioni. Lo schema proposto a sindaci, Regione, categorie, sindacati, università, associazione delle banche e Camere di commercio segue una strada precisa: le aziende che ripartiranno per prime non saranno scelte per il settore in cui operano ma per la loro «reale capacità di garantire sicurezza ai lavoratori». E per questo saranno necessari responsabilità delle imprese e dialogo con le parti sociali per «protocolli anti contagio diversificati per settori, anche con la possibilità di introdurre eventuali Codici di Priorità alle aziende che garantiscono standard di sicurezza sopra soglia prevista dai protocolli (screening, tamponi e test sierologici certificati e su consenso dell’interessato)». E, per chi sgarra, sanzioni. Tutti temi da affrontare in un «Tavolo per il rilancio e la competitività del territorio». Il prefetto Laura Lega è sicura: «Siamo pronti a ripartire».
C’è chi sul fronte della sicurezza fa da battistrada, in realtà, sia perché è rimasto aperto ma soprattutto perché i protocolli di sicurezza li ha fatti partire già a marzo, d’intesa con i sindacati. Un esempio è a Firenze Nova, dove prima del coronavirus, in 5 mila lavoravano fisicamente nello stabilimento Nuovo Pignone ogni giorno. Ora nell’azienda lavorano solo in 400 e solo alla produzione. Gli altri sono in telelavoro, solo una piccola parte in ferie. Si produce di meno ma si prepara il futuro, aspettando le scelte di governo e Regione. Già con i sindacati continua il lavoro per capire come ripartire a pieno regime.
Il prossimo incontro, spiega Daniele Calosi della Fiom Cgil, responsabile nazionale per la categoria del gruppo «sarà martedì prossimo. Parleremo della “fase 2”. Aspettiamo il nuovo decreto, e cosa deciderà il governatore Enrico Rossi sull’uso di mascherine, sulle distanze, sui provvedimenti di sicurezza». Sul tavolo ci saranno le condizioni ritenute necessarie alla sicurezza, a partire dagli screening dei dipendenti. «Noi chiederemo che ci siano e che enti terzi li verifichino». L’azienda vuole ripartire, e fa sapere che «è necessario individuare in modo chiaro e condiviso le modalità operative» attraverso il graduale rientro del personale per la produzione, «continuando a garantire i più alti standard di sicurezza».
Il Nuovo Pignone è già un passo avanti a tante altre aziende perché ha già diviso gli ingressi dei suoi operai, con orari diversi per evitare gli incroci; ha allontanato le postazioni di produzione e così i dipendenti; ha distribuito a tutti gli operai mascherine e guanti, ha allungato le distanze all’interno della mensa. Chi può, fa il telelavoro. Pochissimi i viaggi, gli incontri avvengono in videoconferenza. E per le attività metalmeccaniche «si è verificato la reale necessità per la filiera, non tutti hanno continuato a lavorare» spiega Calosi. Va a lavorare solo chi serve in quel momento, per non rischiare inutilmente.
Anche Bastagli è pronto: «Il governo verifichi i trasporti, la filiera. Con i dovuti controlli e cautele, cominciamo a produrre. Io posso dare guanti, mascherine, distanze lavorative di almeno 2 metri, controlli in entrata e uscita, screening controllati da chi indicherà lo Stato o il sindacato. Ma riaprire le librerie non basta».