Marco, partita Iva senza fase 2 «Zero aiuti, zero prospettive»
Organizzatore di eventi: «Era il mio piano B, il piano C non ce l’ho»
Cinque anni fa Marco Ghelfi ha deciso di rivoluzionare la sua vita e la sua professione, nel campo della comunicazione enogastronomica, per realizzare il suo «piano B»: intraprendere un lavoro stagionale come organizzatore di eventi, sei mesi senza sosta, in giro per festival di piazza, e il resto dell’anno da dedicare ai propri interessi e alla famiglia. Ma l’emergenza Coronavirus ha mandato il suo piano all’aria: il lavoro è completamente azzerato e all’orizzonte, almeno in tempi brevi, per lui non si intravede nessuna fase 2. Una storia esemplare di quel che è accaduto a tanti lavoratori autonomi, alle partite Iva come lui. «Il nostro settore è considerato erroneamente futile, superfluo, invece oltre a regalare spensieratezza, svago, socialità e divertimento indispensabili per il benessere delle persone, ha un giro d’affari economico rilevante» spiega Ghelfi. «Spesso non si percepisce il lavoro che sta dietro, e quanta gente è impiegata, tra artisti, operatori di street food, elettricisti, musicisti». Nel 2015 Marco ha dato vita insieme a Stefano Orlandi al progetto dei Beer Brothers On The Road, specializzato nell’organizzazione di eventi di piazza. E in più, seguendo la passione per l’enogastronomia, ha deciso di avviare l’attività di operatore di street food, proponendo birre artigianali , cibo selezionato, in sagre, festival, feste. «Gli eventi sono soprattutto da aprile a settembre-ottobre. Sei mesi di fuoco, a ritmo continuo, in cui portare a casa lo stipendio per un anno intero». Le iniziative si concentrano tra primavera ed estate, soprattutto nei weekend, l’inverno invece serve per l’organizzazione, per trovare le location, prendere accordi con amministrazioni locali, mettere insieme food truck e artisti. Quando è iniziata l’emergenza Covid-19 il calendario era già allestito: «Avevamo già undici eventi organizzati da noi, più quelli a cui partecipare». Tutto cancellato. Le entrate si sono azzerate, mentre le spese, tra magazzino, allestimento del track, nuovo registratori di cassa, materiale grafico per la comunicazione e litri di birra già immagazzinati, sono rimaste invariate. «L’aspetto sanitario in questo momento deve essere preponderante, ma tutto il mondo che ruota intorno all’organizzazione di eventi di piazza, concerti, street food e festival, è stato azzerato e non ha un’ipotesi di ripresa: ormai quest’anno è perso, se ne riparla l’anno prossimo, secondo le previsioni più rosee». Nel frattempo però c’è una famiglia con due bimbi piccoli da mantenere e il bonus di 600 euro previsto dal Cura Italia non può bastare. «Mi auguro almeno che venga mantenuto anche nei prossimi mesi» dice Ghelfi. Non ci sono altri aiuti, né ordinanze a dare una speranza. «Un ristorante può fare asporto, un pub può aprire all’aperto contingentando gli ingressi, ma come si può organizzare un evento di piazza? Come si fa a gestire gli accessi? E poi riaprire come: io sono disposto a farlo, in maniera sicura, ma bisogna vedere se ne vale la pena». La sensazione è di essere stati dimenticati da governi, enti locali, associazioni di categoria. Marco Ghelfi ha pensato di reinventarsi un’altra volta, ma un’alternativa ora non ce l’ha. «Questo era il mio piano B, costruito con fatica, impegno e passione. Potrei cambiare completamente lavoro ma in questo momento è come vincere al Superenalotto. Spero solo di poter tornare alla normalità. Un piano C non ce l’ho».