C’è l’esame, e bisogna suonare
Il caso Il direttore del Conservatorio Cherubini, Paolo Zampini, racconta i giorni difficili dell’emergenza «Ci arrangiamo ma le lezioni on line non potranno mai sostituire quelle vere. E a giugno ci sono le prove»
Duecentosessanta metri di strada e duecentottanta euro di multa separano Gianmarco Franceschini dalla sua casa allo studio. Gianmarco è uno studente di percussioni al Conservatorio Cherubini, lavora e si esercita all’Atheneum Musicale di Ponte a Greve. Un mese fa, due settimane prima di compiere il suo ventiseiesimo compleanno, Gianmarco esce di casa per raggiungere il complesso comunale – New Staz – dove ha sede l’Atheneum, con il materiale che gli serve per esercitarsi. Nel suo appartamento non ha lo spazio per tamburi e batteria e a giugno lo aspetta l’esame di Stato. Gianmarco ha in tasca le chiavi di New Staz e l’autocertificazione, è uno dei responsabili della custodia del plesso. Quindi, pensa, «sono in regola». Ma la vita di un percussionista è spesso costellata da problemi di vicinato: il rumore, il continuo lamentarsi e chiamare la polizia. Cosa che capita anche quel pomeriggio in studio. «Salgono dei poliziotti al secondo piano e mi accompagnano fuori» racconta. «Mi chiedono: “Che facevi lì?”. Io rispondo: “Studiavo”. E loro: “Ma dove abiti?” Io gli dico la via e gli agenti misurano la distanza con Google Maps». Risultano appunto 260 metri. «Mi contestano di aver violato la quarantena e di non avere un motivo di necessità per trovarmi lì. Inutile la mia autodifesa, mi fanno il verbale con 280 euro di multa e aggiungono che se lo avessi rifatto sarei finito nel penale».
Gianmarco non è l’unico tra gli studenti del Conservatorio fiorentino a doversi arrangiare, in vista della preparazione degli esami. Ruggiero Fiorella, per esempio, ha tanti anni secondo l’anagrafe quanti premi nella sua bacheca di giovane talento del pianoforte. Appena più di venti. Il problema è che a casa non ha un pianoforte degno
❞ Per alcuni è molto complicato studiare lontano dalle aule, un nostro percussionista è stato multato perché si esercitava in un’aula attrezzata a 260 metri da casa
delle sue dita: «Ha parecchie parti usurate, corde rotte e alcuni martelletti riparati con la colla» racconta. Per tanti come lui che hanno a che fare con uno strumento così ingombrante, quando il Cherubini ha chiuso i battenti per l’emergenza sanitaria è iniziata l’emergenza musicale. Lo stesso vale per il suo compagno di corso Leonardo Ruggiero, 22 anni da compiere tra qualche giorno. Leonardo ha dovuto trasferirsi da amici in campagna – vive a San Casciano Val di Pesa – e portare fin là il suo pianoforte per salvarsi dai «problemi con i vicini». Il direttore del Conservatorio, Paolo Zampini, ha scritto una lettera per lui, un lasciapassare, che Leonardo conserva gelosamente ogni volta che esce di casa.
Sono solo tre casi. Che però disegnano i contorni di un problema più grosso: «Siamo parecchio nei guai e cerchiamo di arrangiarci» avverte, un po’ allarmato, il maestro Zampini. La premessa è d’obbligo: «Le lezioni online non potranno mai sostituire le lezioni vere, in un posto come il nostro». Ormai anche loro sono in ballo e «visto che ci siamo arrivati, dovremo buttarci al di là dell’ostacolo». Ma il Conservatorio non potrà rimanere chiuso a lungo, perché lo studio «smart» mal si applica alle sue esigenze: l’aula di percussioni, per esempio è «di fatto un laboratorio», dice il direttore. A causa della grande varietà, quantità e qualità di strumenti che a casa un ragazzo non potrà mai avere. «E che tra l’altro costano un occhio». Per non citare organi, clavicembali e pianoforti. E poi il Cherubini ospita da anni tantissimi fuorisede: quasi il 70 per cento degli studenti viene da fuori Firenze, per il 30 per cento sono stranieri, molti vivono in studentati mentre i più fortunati che hanno una casa «studiano su pianoforti indegni». Questo quando va bene. Perché quando va male «ti capita un vicino riottoso, e non studi più» prosegue il direttore Zampini.
La sede di piazza delle Belle Arti è lontana dal poter riaprire. La partita in vista degli esami di giugno si gioca a Villa Favard, a Rovezzano, dove ci sono le aule e il grande parco sulla strada per Pontassieve. Il cronometro scorre e Zampini ha fretta, se vuole riuscire a laureare i suoi studenti. «Abbiamo predisposto passaggi obbligati esterni dal parco per raggiungere le aule e partecipare a lezione con gli studenti dentro, uno per volta, e i docenti da casa», spiega. «L’ingresso dal parco ci permette, grazie alle portefinestre, di farli arrivare in classe senza assembramenti». Ma non basta. Hanno ipotizzato delle lezioni in esterna, ora che arriva il caldo. Ma «gli strumenti a fiato sgocciolano mezzo litro d’acqua per volta, e la mascherina con un’ancia in bocca non la puoi tenere». Il Conservatorio ha aperto un tavolo tecnico con il ministero per trovare una strada che porti alla riapertura. Alcuni strumenti potrebbero rientrare «in una finestra veloce» del cronoprogramma a scaglioni ideato dal governo per la Fase 2. Altri no. Nel frattempo ieri sono iniziate le pulizie e in settimana è prevista la sanificazione degli ambienti. Il secondo step sarà il rientro del personale amministrativo ma solo «uno per stanza», magari «usando qualche aula come ufficio». Il terzo vedrà il ritorno di alcuni studenti. Ma i nostri due pianisti e il percussionista multato dovranno aspettare ancora. «L’obiettivo, difficilissimo – conclude Zampini – è avere a metà giugno gli esami per tutti. Ma temo particolarmente per le esercitazioni orchestrali e del coro... con loro come fai, senza creare un assembramento?».
❞ Nella sede di Villa Favard abbiamo predisposto passaggi obbligati esterni dal parco per raggiungere le aule Ma temo per le esercitazioni dell’orchestra e del coro