Musei, il dubbio di Abete: conviene riaprire?
Il presidente di «Civita»: chi svolge i servizi aggiuntivi vuole garanzie economiche
Sulla riapertura dei grandi e piccoli musei statali di Firenze (dagli Uffizi all’Accademia e poi il Galileo o l’Archeologico) ma anche di quelli senesi e di molti altri piccoli centri toscani, pesa una variabile non indifferente. È la risposta a una serie di garanzie — economiche e sanitarie — che Opera Laboratori Fiorentini, grosso concessionario dei servizi aggiuntivi, farà domani mattina al direttore generale dei musei Antonio Lampis.
Chiederà chiarezza e sostegno Luigi Abete, che del gruppo Civita — a cui appartiene Opera — è presidente e, ci dice: «Non lo farò solo. Per mercoledì 6 è convocata una riunione da remoto con Lampis a cui parteciperanno tutti i soggetti che come noi offrono servizi di prenotazione, sbigliettamento, produzione di mostre, guide e assistenza in sala nei musei italiani. Ci saranno le associazioni di categorie come Confcultura e Alleanza delle Cooperative. Abbiamo bisogno di certezze per rimandare i nostri dipendenti al lavoro».
Qualche numero: in Toscana per Opera/Civita lavorano circa 450 persone. Per ora e sino al 10 maggio l’85/90 per cento di loro è in Cassa Integrazione.
Ma, visto che il Governo ha approvato altre 9 settimane di Cassa, per paradosso all’azienda potrebbe convenire chiederne la proroga piuttosto che invitare la sua forza lavoro a tornare nei musei. E questo anche se, come nel caso degli Uffizi, alcuni sono pronti a riaprire il primo giorno utile, secondo indicazioni ministeriali, e cioè il 18 maggio. «Il punto — ci spiega Abete — è che noi abbiamo bisogno di linee guida nazionali per i problemi della sicurezza e sulla responsabilità legale della stessa». Ma non basta: «C’è un tema economico che non va sottovalutato. Abbiamo
bisogno di certezze per il ristoro relativo al periodo di chiusura degli ultimi due mesi». Nelle casse di Opera, inoltre, entra il 14 per cento di ogni biglietto venduto. Se si dovesse aprire subito, quando è certo che nei musei entreranno in pochi, il margine di guadagno sarebbe scarso, a fronte del fatto che aggiunge Abete: «bisognerà affrontare maggiori costi per garantire la sicurezza e il distanziamento sociale». «La chiusura in marzo e aprile, con la Pasqua in mezzo, è stato un danno notevolissimo, in genere questa è l’alta stagione. Quella su cui si basa la maggior parte dei nostri
❞ Prendiamo una percentuale sui biglietti Chiediamo al ministero un ristoro per le perdite che subiremo con pochi ingressi
introiti». La questione, come si vede, è tutt’altro che semplice, tenuto conto che in capo all’azienda ci sono anche costi fissi di sedi, laboratori di restauro e scenografia che lavorano all’allestimento delle mostre. Ed è una questione su cui si attende una parola da Lampis.