I privati aspettano la Regione «Pronti per i test a pagamento»
I laboratori sono attrezzati, manca il via libera ufficiale. Verso uno screening (quasi) universale
I 41 laboratori privati della Toscana che per conto della Regione svolgono i test sierologici scaldano i motori perché anche per loro è vicina la Fase 2. A breve, infatti, dovrebbero ottenere il via libera per svolgere anche test a pagamento. Lo ha previsto l’ordinanza numero 54 della giunta regionale, con un dispositivo che non è però ancora entrato in vigore. Serve infatti un contratto per integrare quel provvedimento, che stabilisca un prezzo calmierato, cui i privati dovranno attenersi per fornire la prestazione ai cittadini.
«Noi siamo pronti», dicono dai laboratori fiorentini. I privati attendono il via libera in queste ore, ma all’assessorato regionale alla Salute di via Alderotti e alla task force della giunta di piazza del Duomo stanno prendendo tempo per limare i dettagli. Dai rumors, il provvedimento dovrebbe consentire uno screening quasi universale della popolazione toscana, ovvero dovrebbe essere destinato a tutte le categorie professionali in fase di riapertura da qui al prossimo mese: ovvero tutto il sistema produttivo toscano. Finora, dopo la partenza dello screening sui sanitari, le forze dell’ordine, i vigili del fuoco e il volontariato, sono stati autorizzate al test gratis 21 diverse categorie professionali. E dalla settimana scorsa, i medici di famiglia possono prescriverlo ai propri pazienti se ci sono legittimi dubbi di infezione da coronavirus. Il governatore Enrico Rossi, l’assessore alla Salute Stefania Saccardi e il direttore dell’assessorato Carlo Tomassini in queste ore dovranno decidere come consentire questi test: l’idea di fondo è di consentire di fare lo screening a chi ha davvero bisogno di essere controllato per tornare a lavorare in piena sicurezza, ma anche di cercare di evitare di disperdere i kit sierologici per chi non ne abbia una fondata necessità. Così la formula che prende campo sembra quella di tenere fuori per il momento i bambini (i meno colpiti dal virus e ancora lontani dal ritorno a scuola) e i pensionati, sempre che il medico di famiglia non prescriva il test, caso per caso, anche ad alcuni di loro. La possibilità di svolgere test a pagamento si basa sul fatto che i laboratori privati possano acquistare i kit da canali propri (quelli forniti dalla Regione continueranno ad essere impartiti gratuitamente). Questo apre a una possibilità ulteriore, ovvero che i privati possano offrire sia il test sierologico rapido, sia quello sierologico quantitativo. Il secondo è ritenuto più affidabile per la capacità di valutare non solo la presenza di anticorpi, ma anche di stimare la loro quantità.
Non è ancora chiaro, tuttavia, se la Regione indicherà quali modelli acquistare o se lascerà mano liberà ai laboratori. Sta di fatto che all’aumento dei test dovrà corrispondere una crescita della capacità di effettuare e analizzare i tamponi di riscontro sui positivi. Ultimo punto, i privati dovranno comunque proseguire l’attuale campagna di screening gratuita, non potranno abbandonarla per dedicarsi solo ai test a pagamento.
«Quando ci daranno il via libera per i test a pagamento dovremo fare un grande sforzo — dice Marco Romanelli, direttore sanitario dell’Istituto Fanfani — Ma da parte nostra la collaborazione con la Regione è massima: avevamo stimato di fare 120 test al giorno, ci siamo accorti che arriviamo a 150-160 e per questo abbiamo chiesto la fornitura di altri mille kit».
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