Il caffè di Giuliano
Il calendario a tre tappe non convince i sindaci. Biffoni: difficile dire di no a chi vuole lavorare
Il presidente della Toscana Enrico Rossi non ha cambiato idea: la riapertura scaglionata delle attività — un calendario che nel giro di due settimane dia il via libera prima ai negozi di vicinato (domani), poi a parrucchieri ed estetisti (il 21) e infine ai ristoranti (il 25), per evitare il «bomba libera tutti» del 18 maggio — rimane per il governatore la soluzione migliore per monitorare il contagio nella sua regione. Ma fra il suo intento e un’ordinanza che alzi l’asticella della cautela rispetto alla scelta del governo, ieri, si sono messi i sindaci. Contrari all’ipotesi di far slittare alcune riaperture si sono detti sia il sindaco di Firenze Dario Nardella che quello di Prato Matteo Biffoni, che è anche presidente regionale dell’Associazione dei Comuni (Anci).
«Il livello di tensione sociale si sta alzando troppo, lo abbiamo visto dalle manifestazioni di questi giorni», ha detto Nardella a Toscana Tv. Lanciando poi «un appello al governo nazionale e regionale perché chiunque abbia voglia e mezzi per aprire possa farlo al più presto». Alla domanda sull’eventualità di un calendario più cauto, Nardella chiarisce: «Non possiamo costringere a stare chiusi coloro che hanno disperatamente bisogno di aprire: il mio invito al governo è che emani le linee guida per la sicurezza il prima possibile, e che la Regione concordi con i sindaci toscani un’ordinanza che consenta un’apertura in sicurezza, ma che sia davvero apertura».
A proposito di quel «confronto con i sindaci» si era già speso Biffoni, che martedì — dalla mail della presidenza Anci — ha inviato a Rossi una richiesta urgente di incontro. «Lo abbiamo fatto perché sono decisioni che ci riguardano da vicino. Posso capire il ragionamento del presidente, ma dire no alla gente che vuol lavorare in sicurezza è molto difficile», spiega il sindaco di Prato. Anci Toscana sarebbe pronta a ragionare su un calendario alternativo a quello del governo, ma «che si esaurisca tutto nell’arco di pochissimi giorni, tre o quattro al massimo», aggiunge Biffoni.
Una mediazione tra le posizioni del governatore e dei sindaci appare difficilmente praticabile. La riapertura sì a tappe ma in tre giorni vanificherebbe l’obiettivo di Rossi, quello di un monitoraggio graduale degli effetti delle riaperture (che comunque sarebbe quantomeno incompleto anche con il calendario a cui si sta pensando in Regione). Il governatore sostiene che con la popolazione regionale immune allo 0,5% — un dato frutto dei primi 150 mila test sierologici eseguiti — il rischio di un’ondata di ritorno del contagio con una riapertura totale sia molto elevato. E che sia irrealizzabile, a quel punto, il protocollo di monitoraggio dei nuovi focolai per il sistema sanitario.
Le carte sono in tavola: se il governatore dovesse prendere la decisione di andare fino in fondo con il suo calendario differenziato, dovrebbe mettere in conto numerosi contrasti. Sulla sua strada forse non troverebbe l’ostacolo del governo, data la consuetudine dell’esecutivo a non intervenire su norme regionali più caute rispetto a quelle emanate a livello nazionale. Ma oltre alle categorie economiche e ai sindaci, Rossi dovrebbe vincere anche le perplessità di alcuni dei membri della sua giunta: alcuni assessori gli suggeriscono di non forzare la mano in un momento così delicato, dunque di adeguarsi alle scelte annunciate dal governo.
L’attesa Il governatore resta dell’idea di riaprire a scaglioni ma aspetta le decisioni di Roma