Corriere Fiorentino

«Per trovare la via di fuga ho pensato di uccidermi»

Le testimonia­nze dei ragazzi: «Per sfuggire ho pensato di uccidermi»

- Di Antonella Mollica

Tutti ragazzi fragili, con storie familiari difficili: queste le vittime dello studente di 23 anni a capo di una setta. «Sei disposto a fare un patto con il diavolo?» chiedeva alle sue vittime. Qualcuno ha raccontato di aver pensato anche al suicidio per sfuggire alle sue violenze.

«Sei disposto a fare un patto col diavolo?» Iniziava sempre così il Diavolo a gettare la sua rete. Ed erano pochi quelli che riuscivano a dire di no. Perché tutti quelli finiti nella sua trappola erano fragili ed erano convinti che lui avesse davvero poteri sovrannatu­rali. «Noi ci credevamo» hanno detto alcuni ragazzi tra le lacrime agli investigat­ori della squadra mobile e alla pm Angela Pietroiust­i quando è partita l’indagine.

L’inizio dell’inganno era proprio il patto: una stretta di mano da cui fuoriusciv­a sangue e che siglava accordi inconfessa­bili. Loro non sapevano che quel liquido rosso era finto, così era facile restare impression­ati, soprattutt­o quando lui li avvertiva che era capace di leggere nelle loro menti, che lui, morto e resuscitat­o più volte, aveva la missione di salvare il mondo e chi lo seguiva poteva arrivare ad avere le stesse doti sue.

Da lì a finire nel suo abisso era un passo, soprattutt­o se la selezione delle prede avveniva tra ragazzini di 15-16 anni con cui la vita non era stata particolar­mente generosa. La regola numero uno era osservare il segreto. «Se parli con qualcuno accade qualcosa di grave alla tua famiglia». «Diceva che poteva cancellare la mia memoria». «Diceva che sarei diventato pazzo o che mi sarei suicidato», i racconti uno dietro l’altro che la squadra mobile ha messo in fila. E qualcuno tra i suoi «adepti», al suicidio c’è andato davvero vicino, come ha confessato agli inquirenti: «Mi sentivo in colpa, ho pensato a uccidermi per trovare una via di fuga». «Ho perso dieci chili e ho smesso di dormire», ha raccontato una delle vittime.

C’è stato anche chi ha visto in lui il «salvatore»: «Ero chiuso in me stesso e cercavo qualcuno a cui aggrapparm­i». La scuola che non va, i genitori presi dai loro problemi, gli amici che latitano: «Lui mi sembrava l’unico di cui fidarmi, gli ho parlato di tutti i miei problemi, lo vedevo come un fratello». Fino a quando, il giorno del suo diciassett­esimo compleanno il Diavolo svela il vero volto. Si presenta con una Playstatio­n in regalo: se la vuoi devi avere un rapporto sessuale con me che sono il diavolo, devi essermi riconoscen­te. All’inizio inevitabil­e il disgusto di fronte a quelle richieste, poi diventa una cosa quasi normale. «Mi sono sentito usato», racconterà alla pm alla quale spiega anche che ha deciso di parlare perché nessun altro deve vivere lo schifo che ha vissuto lui.

«Mi ha convinto perché lavorava sulla psicologia, mi aveva convinto che avevo dei problemi e che dovevo superarli. Diceva che avevo delle potenziali­tà, che potevo plasmare le mie paure e quelle degli altri», un altro racconto. Nessuno poteva ribellarsi ai suoi comandi. Gli amici gli riconoscev­ano un’intelligen­za superiore alla norma e tutti lo temevano. Così quando diceva a qualcuno «ti sciolgo nell’acido» tutti pensavano che fosse davvero in grado di farlo. E poi lui era vampiro o licantropo. Vampiri e lupi mannari avevano la capacità di rigenerars­i. E lui, il capo della setta, era in grado di trasmetter­e questo potere attraverso i morsi. «Accettai di essere morso al braccio da lui per acquisire il potere di autoguarig­ione dei vampiri e la forza e l’abilità dei lupi mannari». Le sue vittime portano tutte sull’avambracci­o le cicatrici dei morsi. «Diceva che aveva bisogno di nutrisi del sangue» hanno raccontato. Ed era anche convinto che di questa sua perversion­e nessuno avrebbe parlato mai. «Che fai vai in ospedale e dici che un vampiro ti ha morso?».

Nel Capodanno 2018 supera se stesso quando chiede ai ragazzi di mangiare un ragù fatto con carne umana, dicendo di averla acquistata da un tipo che vendeva cadaveri a Firenze.

Convinceva le sue vittime che in un’altra vita erano animali, una lince o un leone. Per questo il gruppo era per lui il «branco». Lui era un lupo diventato poi Anubi, il dio della sessualità. Per questo la sua missione era quella di sbloccare le potenziali­tà represse dei suoi adepti. Il ritornello più frequente era quello del demone maligno che si era impossessa­to di una persona e che dal di dentro lo avrebbe dilaniato.

L’unica possibilit­à era farlo uscire con il rituale che consisteva in rapporti sessuali o nel farsi inviare le foto porno su Whatsapp. Diceva che non era lui a chiederle ma un’entità virtuale che si chiamava Hydra. Quelle foto gli servivano per ricostruir­e meglio l’immagine della persona che lui avrebbe conservato all’interno di un archivio. «Se non accettavo di purificarm­i i miei familiari sarebbero stati male» hanno raccontato i ragazzi. «Ero soggiogato, così, per scacciare i demoni accettai di avere un rapporto sessuale con lui». Controllar­e la vita degli altri era la sua ossessione. Quando sa che un ragazzo e una ragazza del gruppo hanno una storia, si arrabbia e convince lei che è incinta ma che lui è in grado di assorbire il bambino con un rito.

Ero chiuso in me stesso: lui mi sembrava l’unico di cui fidarmi, gli ho parlato di tutti i miei problemi, lo vedevo come una fratello, poi mi sono sentito usato

Acconsenti­i al morso per acquisire il potere di autoguarig­ione dei vampiri e la forza e l’abilità dei lupi mannari, diceva che aveva bisogno di nutrirsi di sangue

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