Corriere Fiorentino

A passeggio sui lungarni. Come li vedeva Dante

Luca Giannelli ci porta alla scoperta dei ponti storici che adesso non ci sono più

- Edoardo Semmola

Da una parte i fantasmi dei vecchi mulini di San Niccolò e dei Renai, la cui memoria rimane solo tra le pagine delle stampe settecente­sche di Giuseppe Zocchi. Dall’altra il primo «stabilimen­to balneare» con noleggio di asciugaman­o al ponte alle Grazie. E come dimenticar­e «l’arco dei pizzicotti», lato Tornabuoni, dove ora c’è il museo Ferragamo: è in quel passaggio-galleria verso il ponte che in maniera giocosa i fiorentini del Settecento pizzicavan­o le ragazze, come si diceva all’epoca per fare le avances. Non ve n’è più traccia dall’inizio dell’Ottocento. La casa editrice fiorentina

Scramasax ha compiuto 30 anni lo scorso anno e ha dato alle stampe una nuova ricerca storica — il suo pane — sulla nostra città: I Lungarni fiorentini di Luca Giannelli, autore ed editore.

Sfogliando­lo ci accorgiamo di quanto poco somiglino quelli su cui camminiamo oggi agli antichi progenitor­i che già nel Duecento e nel Trecento collegavan­o il ponte alle Grazie a quello alla Carraia. Giannelli li ha raccontati in forma di «passeggiat­a». L’andata su lato sinistro, il ritorno su quello destro. «Per vedere com’era la città di Dante a partire dai 4 ponti storici»: Ponte

Vecchio, alle Grazie, alla Carraia, e Santa Trinita, l’ultimo, datato 1252. Con le Grazie e la Carraia che delimitava­no la vecchia cerchia. Già all’inizio del Trecento le mura arrivano fino a San Frediano e San Niccolò. Poi nel periodo lorenese nascono il ponte sospeso, attuale ponte alla Vittoria, e il ponte di ferro, San Niccolò. «Nel mezzo c’è un intruso: il Vespucci, nato nel 1958». «Il tratto che più degli altri è difficile da immaginare nella sua veste originale – pensa – è quello che parte da San Niccolò con i mulini collegati alla pescaia uniti da una gora parallela al corso del fiume». Lì «i Serristori crearono una bellissima passeggiat­a realizzand­o una sorta di giardino pensile che costeggiav­a i mulini». Tra le altre curiosità scopriamo che a inizio Ottocento furono costruiti i primi bagni pubblici all’inizio del ponte Grazie. Si prosegue: «Su lungarno Soderini nascono i primi macelli pubblici nel periodo di Leopolodo II. Sono stati poi per quasi un secolo in via Circondari­a». E ancora, proseguend­o sul lato sinistro ecco le reminiscen­ze dell’antica fabbrica del Pignone che «dava lavoro a centinaia di famiglie: lampioni, ringhiere, e i parapetti in ghisa dei tempi

❞ L’autore l tratto che è più difficile da immaginare è quello che parte da San Niccolò con i mulini collegati alla pescaia

del Poggi». Per passare dai «lungarni vecchi» al primo «lungarno nuovo» si deve arrivare all’imbocco delle Cascine: Lepoldo II decise di aprire la «passeggiat­a» fino al parco. Mentre il tratto degli Archibusie­ri e quello degli Uffizi c’erano anche nel 1500 «ma nessuno si poneva il problema di dargli un nome».

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Altri tempi Un’immagine dei lungarni tratta dalla copertina de «I lungarni fiorentini»

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