Da Bilancino a Capodarno, ecco i rifugi dei bracconieri
A notte fonda, nell’invaso del Bilancino gettarono una rete lunga tre chilometri per pescare lucci e carpe. Ma un pescatore, seduto sulla riva alla luce della luna, tirò su con l’amo quel tramaglio ricco di pesci e diede l’allarme. Quella notte di agosto del 2019, non fu proficua per i bracconieri ittici, che persero un carico di 150 chili del valore di 800 euro, oltre a una rete chilometrica, trainata con fatica a riva dai carabinieri della Forestale e dai vigili del fuoco. Nessun pescatore di frodo però fu sorpreso in flagrante e non scattarono denunce. Ogni esemplare vivo sarebbe stato venduto per 300 euro alle associazioni che organizzano pesca sportiva, il resto sarebbe finito sui banchi del mercato. «Negli ultimi anni il bracconaggio ittico impoverisce laghi e fiumi — spiega Luigi Bartolozzi, comandante provinciale dei carabinieri Forestale — Gruppi di rumeni e cinesi sono molto attivi non solo al Bilancino ma anche alla diga di Montedoglio e a Capodarno, al confine tra la provincia di Firenze e Pisa. È un fenomeno in espansione insieme a quello della vendita dei cuccioli di cani importati dai paesi dall’Europa dell’Est. Ma noi ogni giorno lavoriamo, con attività di repressione e prevenzione: siamo consapevoli che ne va della salute della Terra». I dati sono impressionanti ed emergono proprio alla vigilia della giornata mondiale dell’Ambiente, dedicata nel 2020 al declino della biodiversità del pianeta. Circa un milione di specie viventi rischiano l’estinzione. È aumentata la sensibilità anche dopo il periodo di emergenza sanitaria? Per sensibilizzare al tema, Legambiente anche in Toscana ha organizzato per oggi visite nelle riserve naturali. «La repressione del bracconaggio, anche ittico, non basta», dice Carlo Galletti, responsabile regionale fauna e benessere animale di Legambiente. «Bisogna incentivare le politiche a tutela del mare, a partire dall’attivazione del santuario dei cetacei».