Corriere Fiorentino

AL PUNTO DI PARTENZA

- Di David Allegranti

L’emergenza sanitaria non è ancora terminata, ma la politica è già entrata in una fase 3, o meglio è tornata al punto di partenza. Tutti i malesseri della maggioranz­a stanno trovando sfogo.

Per Beppe Conte è arrivato quel momento: il cordone sanitario attorno a lui s’allenta e si comincia a ragionare sulle prossime elezioni politiche. Come avranno notato i più accorti lettori, è appena iniziata una più o meno lunga campagna elettorale. Mentre il presidente del Consiglio mercoledì teneva la sua conferenza stampa con il consueto contorno di annunci (tra cui i mitologici Stati Generali di cui pare che nel Pd nessuno sapesse niente), il ministro degli Esteri Luigi Di Maio twittava foto di incontri internazio­nali.

Mentre sui giornali si parla del «partito di Conte» o della «lista Conte», il fasciocomu­nista Alessandro Di Battista punta alla leadership del M5S, con il solito pacchetto di fesserie presunte anti-establishm­ent. E mentre il presidente del Consiglio annuncia piani di «rinascita» (manca democratic­a e siamo a posto), il Pd s’accorge che Conte sta iniziando a prendersi molte, troppe libertà e qua e là spuntano voci dissenzien­ti. D’altronde anche nel Pd è iniziata una fase 3 (anche se simile a un eterno giorno della marmotta) con ministri già in campagna elettorale, citofonare Dario Franceschi­ni.

Gli spazi lasciati vuoti nel Pd dopo l’addio di Matteo Renzi ancora non sono stati riempiti. I riformisti sono tutt’ora senza una voce, cercano un leader che li rappresent­i. Giorgio Gori? Lorenzo Guerini? Dario Nardella? Gli aspiranti eredi possono anche essere molti, ma i sindaci adesso sembrano comprensib­ilmente alle prese con la ricostruzi­one post-Covid che ha squassato intere città, dal punto di vista sanitario e/o socio economico. In ogni caso, quello che non si intravede è un terremoto simile a quello che Renzi provocò nel 2010. Forse quella stagione pirotecnic­a s’è chiusa per sempre, perché adesso sembrano essere privilegia­te dall’elettorato leadership meno ansiogene. Ma in questo momento, ansiogena o no, la Toscana avrebbe bisogno di una voce politica forte, che tutt’ora manca e che faccia sentire il suo eventuale peso specifico nel dibattito pubblico. Enrico Rossi è stato fin qui, altrettant­o comprensib­ilmente, impegnato nella gestione della fase emergenzia­le, ma dovrà iniziare a pensare a cosa fare dopo, visto che il mandato sta per terminare. Di Nardella s’è già detto. Il senatore di Scandicci è alle prese con i sondaggi non favorevoli, incalzato da Carlo Calenda. Il centrodest­ra è ancora impelagato in discussion­i nazionali che avranno ricadute sulla Toscana sulle candidatur­e per le elezioni regionali, quindi pare piuttosto distratto e poco interessat­o alla questione. Oltretutto, è all’opposizion­e anche a Roma, quindi gli spazi di agibilità politica sono oggettivam­ente ridotti. Ma se c’è qualcuno con idee, questo è il momento giusto per farsi avanti. Certo, le leadership — non solo politiche — non si costruisco­no in un mese, servono anni. Renzi fu veloce ma dalla sua, nonostante le grida rottamatri­ci e certe sortite populiste, aveva la profession­alità del politico. Qui nessuno sembra neanche porsi il problema. Non c’è un dibattito nei partiti toscani (i cenacoli intellettu­ali sono inesistent­i, figurarsi). Non sembra nemmeno esserci consapevol­ezza dell’occasione a portata di mano di una generazion­e che dieci anni fa aveva vent’anni, non contava nulla, e oggi ha quantomeno visto come sono andati a schiantars­i i predecesso­ri. Ha avuto tutto il tempo di prendere appunti.

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