Case del popolo, l’altro rosso Metà circolini ancora chiusi
Effetto Covid: in cassa integrazione l’80 per cento dei dipendenti in tutta l’area fiorentina
Black out case del popolo. Su 237 circoli Arci, sono ancora chiusi circa 100. È l’effetto coronavirus sul mondo dell’associazionismo ricreativo e culturale della provincia fiorentina, che ancora non ha riaperto quasi la metà delle proprie strutture sociali. Pesanti le conseguenze che il mondo dell’Arci, sia a livello nazionale che a livello locale, sta pagando per le chiusure forzate da lockdown. Sono 230 i dipendenti in cassa integrazione (circa l’80 per cento del totale), quasi nessuno di loro ha ancora ricevuto i soldi dallo Stato. Si tratta perlopiù di baristi, pizzaioli, addetti alle pulizie, segretari di circolo.
Un dramma nel dramma, quello del mondo Arci, dove si prevedono a breve bilanci in rosso per quasi tutti i circoli e non sono esclusi licenziamenSanta ti. Dall’inizio della pandemia, sono già 3 mila le iniziative annullate o sospese tra cui concerti, dj set, presentazioni di libri, dibattiti, cene sociali, corsi formativi, serate di ballo. La stima è di 500 mila euro settimanali di mancati incassi, che dall’inizio del virus in Italia fanno circa 20 milioni di mancati introiti. E i problemi continueranno anche con l’estate e i distanziamenti sociali: già annullati molte feste e sagre, tra cui il classico appuntamento estivo al circolo del Varlungo e forse la sagra del crostino a Brigida. Per evitare il peggio, molte case del popolo, messe di fronte alla concreta possibilità di chiudere definitivamente, hanno scelto la strada del crowdfounding sulla piattaforma «produzionidalbasso» per raccogliere quei fondi necessari alla riapertura. Tutte le raccolte fondi sono visibili e supportabili su www.produzionidalbasso.com.
A livello regionale, l’Arci Toscana ha chiesto all’Anci la sospensione della Tari per i circoli, una richiesta che vale anche per Palazzo Vecchio. «Entro l’estate — dice il presidente di Arci Firenze Jacopo Forconi — spero che potranno riaprire tutti i nostri circoli, anche se non sarà semplice. Quelli ancora chiusi sono serrati principalmente per questioni di spazi e impossibilità a mantenere il distanziamento sociale oppure perché ritengono conveniente non tenere aperto in un bilancio tra costi e benefici».
Tra le case del popolo storiche chiuse c’è il circolo di via delle Panche Il Campino a Firenze. «Siamo chiusi — ha spiegato il presidente Alessio Ariani — perché, sia per una questione economica che logistico-organizzativa, non siamo stati in grado di ottemperare a tutte quelle norme previste dal governo, dalla cartellonistica sul distanziamento sociale a tutto il resto». Ma non solo: «La pizzeria che ci paga l’affitto per lo spazio che le diamo in concessione è rimasta chiusa per molto tempo e non ci ha più pagato l’affitto, questo per noi ha pesato molto. Stessa cosa il bar e i corsi di ballo. Speriamo di riaprire entro fine giugno».
Nonostante le difficoltà che la pandemia ha arrecato alle strutture Arci, molte case del popolo, per un atto di responsabilità condiviso, sono state fra i primi luoghi a chiudere i propri spazi a inizio pandemia, in chiaro anticipo rispetto ai primi provvedimenti più restrittivi del governo, e allo stesso tempo moltissimi volontari Arci hanno dato il loro contributo nei momenti più difficili dell’emergenza, attivando nel complesso circa 150 iniziative di volontariato in tutta la provincia di Firenze: consegnando la spesa e i farmaci a domicilio alle persone più bisognose, allestendo le «spese sospese» vicino ai circoli, attivando alcuni sportelli telefonici e online dedicati al supporto legale, psicologico e di mediazione dei conflitti. «In un momento in cui si parla molto di rinascita anche del territorio fiorentino — spiegano da Arci Firenze — i circoli non possono non essere considerati come una parte fondamentale delle nostre città e dei nostri paesi. Per questo è fondamentale che le case del popolo tornino ad essere un luogo vivo così come l’abbiamo sempre conosciuto, e che i soci e le socie tornino ad animarlo». L’invito, ovviamente, vale anche per le istituzioni.
La strada del crowdfunding Per evitare la chiusura definitiva, molti circoli Arci hanno lanciato una raccolta fondi L’appello: «Almeno toglieteci la Tari»